lunedì 30 gennaio 2012

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NOTE SULLA STRATEGIA GENERALE DEL NEOMERIDIONALISMO E DEL PSUD ,NELL’EPOCA DEL DOMINIO DELLLA FINANZA GLOBALE
di Beppe De Santis,Presidente/Segretario nazionale del PSUD*
10 gennaio 2012
Messaggio n. 1 ( nuova serie 2012)

“Finanza globale,Europa/Euro,nuovi termini della questione meridionale

L’odierna “questione meridionale” può essere interpretata e affrontata soltanto all’interno dei più generali squilibri strutturali europei, mediterranei e globali.
All’interno della mappa delle questioni meridionali dell’Europa a 27 membri  e dell’Eurozona a 17.
All’interno della nuova mappa geoeconomica e geopolitica determinata, negli ultimi 40 anni, dal progressivo affermarsi, e ,oggi, dal dominio assoluto della finanza globale, del finanzcapitalismo.

Va attualizzata la grande lezione di Nicola Zitara.
Lo sforzo analitico e strategico –oltrechè il metodo-contenuto nel testamento di Nicola Zitara,”L’invenzione del Mezzogiorno.Una storia finanziaria”,pubblicato nel 2010, va aggiornato e applicato agli squilibri strutturali prodotti dall’odierno finanzcapitalismo globalizzato.
Altrimenti saremmo completamente fuori dalla storia reale,a rimuginare le tragedie di un passato, che non ci salva.

I-IL PRIMO PUNTO, DI PARTENZA E DI ATTACCO, DEVE ESSERE QUELLO CONTRO LA FINANZA GLOBALE CONTEMPORANEA

Innanzitutto, occorre comprendere la natura , i caratteri e i meccanismi esatti dell’attuale finanzcapitalismo.
Sotto tale profilo, rinvio alla parte centrale della relazione di De Santis al II Congresso nazionale del Psud, svoltosi a Napoli , nell’ottobre 2011,e, allo schedone allegato sulla finanza globale.
Possono fungere da ottimo supporto analitico e strategico i seguenti volumi :
-Luciano Gallino, Finanzcapitalismo, 2010;
-Nouriel Roubini e Stephen Mihm,” La crisi non è finita”,2011;
-Loretta Napoleoni, “Il contagio”, 2011;
-Lucio Caracciolo , “America vs America”, 2011.

La finanza globale contemporanea E’ “IL” POTERE,il vero potere, dominante su tutti gli altri:
-economia reale,imprese;
-politica, Stati;
-cultura, media,università,centri di ricerca e Fondazioni.

L’odierno finanzcapitalismo ha svuotato contestualmente le tre sovranità fondamentali:
-la sovranità statale;
-la sovranità popolare democratica;
-la sovranità monetaria statale.

Orientamenti e direttrici programmatiche e d’azione.
1-Riduzione radicale e strutturale della DIMENSIONE QUANTITATIVA DELL’ATTUALE FINANZA GLOBALE,e della massa monetaria,in gran parte virtuale, che ne consegue.
Rimettendo al centro l’economia reale e i territori;ricostruendo un rapporto corretto ed equilibrato tra economia reale e credito. Con un sistema creditizio al servizio dell’economia reale, cioè delle famiglie e delle imprese.
2-Riduzione strutturale della mole dei cosiddetti TITOLI DERIVATI,e, dei relativi aggregati, oscuri, ingestibili e destabilizzanti.
3-Eliminazione di gran parte della FINANZA OMBRA,che vive in simbiosi con il sistema bancario ufficiale,e,mediante la quale si producono le peggiori scorrerie dell’attuale finanzcapitalismo.
4.Abbattimento della dimensione quantitativa dei vari soggetti finanziari ( banche, assicurazioni, fondi),ristrutturando la platea degli attuali giganteschi soggetti finanziari in una mappa gestibile e controllabili di soggetti medi , medio-piccoli e piccoli.
Altrimenti, continuerà ad imporsi la regola secondo cui tali soggetti “sono troppo grandi per fallire”, anche  quando combinano disastri devastanti e diventano soggetti alegali, illegali, patentemente criminali.
5.Ripristinare la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento.
6.Definaziarizzare, il più possibile , l’economia reale.
7-Rilanciare la mappa e la rete della banche territoriali, a partire da quelle cooperative, piccole e medie.
8-Ridurre ,allo stretto indispensabile, la leva  finanziaria –il rapporto tra capitale posseduto e capacità di investimento- dei vari soggetti finanziari,a partire dalle banche ,e ,imporre una dotazione patrimoniale consistente ed effettiva.
Questa è la madre di tutte le battaglie.
Senza impostare, ingaggiare e vincere questa battaglia, la guerra è perduta.
Questa battaglia va condotta ad ogni livello territoriale , di governo e di governante:locale/regionale, nazionale, europeo, globale.

L’OBIETTIVO STRATEGICO DEVE CONSISTERE NEL RIPRISTINO DELLE TRE SOVRANITA’ SVUOTATE E PERDUTE:
la sovranità statale, la sovranità popolare democratica, la sovranità monetaria.

III-IL SECONDO PUNTO DI ATTACCO DEVE ESSERE A LIVELLO DELLA UNIONE EUROPEA E DELL’EUROZONA

Il primo compito strategico degli europei, dei singoli Stati della UE e dell’Eurozona, della UE e dell’Eurona, nel loro complesso, è quello di combattere contro l’attuale finanza globale, l’attuale finanzcapitalismo, di cui al punto precedente.
Per far ciò, occorre avere gli attributi giusti.
Al contrario, oggi, la UE, l’Eurozona, i singoli Stati membri sono completamente disarmati e impotenti nei confronti del DOMINIO della finanza globale sul mondo e sull’Europa stessa.
L’Unione Europea, l’Eurozona, è in crisi di identità e culturale, economica finanziaria e monetaria , istituzionale e politica.
Dopo oltre 50 anni di costruzione europea ,e, oltre 10 anni di Eurozona, i nodi sono venuti al pettine.
Siamo ad un passaggio fondamentale della storia europea. Siamo di fronte ad una svolta. Scelte alternative e drammatiche si impongono.
L’Unione Europea,in generale,e, l’Eurozona, nello specifico, soffrono di criticità costituzionali, non più gestibili nel modo tradizionale:
-crisi democratica e di legittimità;
-crisi istituzionale e politica ( governabilità efficiente e trasparente);
-crisi economica e di competitività;
-crisi finanziaria, di debito pubblico e monetaria;
-crisi per mancato coordinamento e unità delle politiche economiche e fiscali comuni.
Una crisi di sovranità ,insomma: di democraticità, di legittimazione, di patto sociale di cittadinanza, di spessore costituzionale.
In questo quadro, è esplosa la crisi dell’Euro,deflagrata formalmente nell’estate del 2011.

Gli atteggiamenti , e i  comportamenti, delle  elites, delle leadership, ma anche delle opinioni pubbliche, si  suddividono
-in atteggiamenti/comportamenti di galleggiamento inerziale, affidandosi allo stellone;
-di europeismo retorico e volontaristico;
-di euroscetticismo o di antieuropeismo, più o meno sinceri e coerenti.
In un mare enorme di confusione,una  babele di equivoci, di incompetenza, di irresponsabilità, di dibattiti risibili e pericolosi.

Il punto è che l’Unione Europea, e al suo interno l’Eurozona,
-NON E’ UNO STATO, né unitario , ne federale, tipo gli USA, gli Stati Uniti d’Europa non esistono ( non c’è sovranità statale europea);
-non è democratica e trasparente, è tecnocratica e opaca ( non c’è sovranità popolare democratica europea);
-l’Euro è una moneta senza Stato.Al paradigma storico per cui lo Stato batte moneta da noi si pretende che una moneta batti/fondi uno Stato.La Banca Centrale Europea ( BCE) non è una vera banca nazionale statale,  com’è -al contrario- la Banca centrale americana ( la Federal Reserve);
-non detiene,non governa politiche  economiche e fiscali unitarie.
Da qui derivano  disordine, impotenza,implosione, crisi.
La confusione di sistema.
Cosa è in crisi?L’Unione Europea/ Eurozona? L’Euro?
E’ in crisi per prima l’Unione europea/Eurozona, o prima l’Euro?
E’ saggio sottolineare che  prima della questione Euro, c’è  la questione dell’Europa, della statualità europea. Della mancata statualità europea.

Allora, delle due, l’una.
O, in tempi ravvicinati, si costruisce il nuovo soggetto politico europeo,gli Stati Uniti d’Europa.
Con un vero Parlamento, democraticamente rappresentativo e deliberativo. Non solo consultivo, e impotente.
Con un vero Governo europeo. Altro che Commissione europea, che oggi conta pochissimo, sempre di meno.
Con una vera Banca centrale statale dello Stato europeo. Altro che BCE.
Con una vera politica economica e fiscale unitaria. Altro che coordinamento ,e balletti e controballetti di summit bini e trini,e plenari.
Ricostruendo a livello europeo le tre sovranità svuotate e perdute:la sovranità statale, la sovranità popolare e la sovranità monetaria.
Saranno stroncate così le tentazioni e tendenze,insieme velleitarie e pericolose per tutti:
-ad un’Europa e/o Eurozona germano-centrica,
-ad un’ Europa velleitariamente diarchica franco-tedesca;
-ad un’Europa del Nord ( con Euro-nord) e una del Sud ( con Euro-sud).
Ciascuna di queste tre alternative è intollerabile, negativa,o impraticabile fino in fondo.
O, volenti o nolenti,ciascuno Stato membro della UE o dell’Eurozona è costretto, sarà costretto, dai fatti,a tutelare il proprio interesse nazionale,con meno o niente Unione Europea, con poco e niente Eurozona ,per conto proprio. E anche, ahimè, in competizione con gli altri Stati.
Tutelare il proprio interesse nazionale,con tutti i crismi.
Con il pieno ripristino delle tre sovranità statale, popolare, monetaria. In ciascuno degli attuali Stati membri.
Nel caos attuale, non si può continuare ad andare avanti.
L’Unione Europea , così com’è oggi, non può più funzionare.
L’Eurozona, così com’è oggi, non può più funzionare.
L’Euro, così com’è oggi, non può più funzionare.
La Banca Centrale Europea, così com’è oggi, non può più funzionare.
Questa è l’alternativa.
O Stati Uniti d’Europa, presto, prestissimo. Con sovranità europea.
O ciascuno Stato nazionale è costretto a riguadagnare la propria autonomia, la propria piena sovranità. Sovranità statale, popolare, monetaria.
Tertium non datur.
Ovviamente, quando parliamo di Stati Uniti d’Europa, non siamo così velleitari da pensare di aggregare tutti gli attuali 27 stati membri della UE,né tutti i 17 dell’Eurozona. Questo è oggi impossibile.
Pensiamo ad un nucleo centrale che comprenda ,innanzitutto,la Germania, la Francia,l’Italia,la Spagna e la Polonia.Questo è il baricentro equilibrato dei possibili Stati Uniti d’Europa.
Se questo percorso è  ritenuto non praticabile, non resta che la seconda alternativa: tornare alla piena sovranità degli Stati nazionali.
Insomma, o l’Euro diventerà presto la moneta sovrana di un vero Stato sovrano, i nuovi Stati Uniti d’Europa, o l’attuale sistema è destinato a crollare, e comunque a produrre più danni che benefici.
Noi non dobbiamo stare a guardare, o subire, ma dobbiamo pensare, progettare, proporre, agire.
Una vera alternativa al caos attuale, un vero progetto alternativo,una vera capacità politica alternativa.

Cosa è successo, e sta succedendo ,in questi mesi, in Europa?
Mentre i mercati, la finanza globale, la finanza ombra, gli speculatori, attaccavano  e attaccano all’arma bianca.
Questa volte, sul versante dei debiti pubblici.
Si potrebbe dire: ciascuno per se e Dio per tutti.
La Germania ha cercato di salvarsi, da sola, e a scapito degli altri partners, soprattutto quelli dell’Europa mediterranea e dei Paesi più piccoli.
La Francia, obtorto collo, e con qualche furbizia eccessiva, ha cercato di restare attaccata al carro tedesco o almeno far finta.
L’Inghilterra si è ulteriormente ritirata  e concentrata sul proprio ambito statale nazionale , finanziario e monetario.
La restante Europa mediterranea è andata- o è stata spinta,invitata bruscamente- via via alla deriva o nei paraggi della deriva:la Grecia vicina al completo fallimento;il Portogallo quasi idem;l’Italia e Spagna in grande ambasce,prossime a qualche irreparabile precipizio, sull’orlo dell’abisso.
L’Irlanda in un mezzo disastro.
I famigerati PIIGS.I porci.
L’Ungheria prossima al fallimento.

In questo quadro,sono maturate le note e travagliate manovre di tamponamento, del ciclo 2010-2011. A pezzi e bocconi, in ritardo, nella più grande confusione.
Da una parte, misure draconiane di austerità,inique e  fortemente recessive.
Dall’altra,misure per tutelare il sistema bancario europeo e per alimentarne la liquidità , tra ritardati e contenuti supporti tedeschi,FMI, e BCE.
Infine, la travagliata e contorta maturazione del cosiddetto NUOVO SISTEMA DI GOVERNANCE DELL’EUROZONA, da formalizzare nella primavera del 2012: il cosiddetto FONDO SALVA-STATI;uno schema unitario di rigide politiche fiscali, il nuovo patto fiscale dell’Eurozona; sullo sfondo, il miraggio degli Eurobond;la riapertura ciclica del dibattito sulla tassazione delle transazioni finanziarie ,con la mitica Tobin tax e così via.
E’ questo il gioco disperato, con le regole esistenti,con le tradizionali strategie e strumentazioni ,che fanno acqua da tutte le parti ,con i rapporti di forza attuali, sic stantibus rebus.

Bibliografia e documentazione di supporto:
-Limes, “Alla guerra dell’Euro”,n.6/2011;
-Enrico Letta e Lucio Caracciolo, “L’Europa è finita”, 2010;
-Bruno Amoroso, “Euro in bilico”, 2011;
-Dimitri Deliolanes, “ Come la Grecia”,2011;
-Degli Esposti, Giacomin, Righi, “Conversazione con Romano Prodi e Jaques Delors.Dieci anni con l’euro in tasca”, 2011;
-Max Otte, “L’euro disastro”, 2011;
-Marino Badiale e Fabrizio Trincali, “Liberiamoci dell’euro. Per un’altra Europa”, 2011.

III-IL TERZO PUNTO DI ATTACCO A LIVELLO NAZIONALE

Lo scenario nazionale si è caratterizzato, negli ultimi mesi, dalle manovre antideficit estive, dalla caduta di Berlusconi, dall’avvio del ciclo di Monti con le relative  e draconiane misure per il consolidamento della finanza pubblica, dal sicuro effetto recessivo, almeno per l’immediato.
Per ora,colpiti, innanzitutto ,i ceti popolari e medi di massa:IMU, Pensioni, IVA.
Scenario sociale  e politico:
-Monti che procede come un treno;
-ceti popolari bastonati,incazzati e preoccupati;
-Lega Nord ferocemente e spudoratamente contro;
-IDV contro;
-sindacati sul piede di guerra;
-PDL e PD che abbozzano, borbottano, minacciano;
-il terzo POLO completamente e opportunisticamente schiacciato su Monti,nella speranza di ereditare una parte dello spazio politico post-berlusconiano.

Strategie, visioni, programmi altri, diversi, alternativi: zero.
Un vuoto totale di idee , di strategie all’altezza della sfida posta dal dominio della FINANZA GLOBALE, che è il punto di partenza e di arrivo di tutte le battaglie di questa fase storica.
Una classe dirigente di nani , falliti,ignoranti, arroganti, opportunisti,bugiardi, corrotti e ladri.
Vi sono  i sostenitori, più o meno entusiasti di Monti, per vero o per finto ( Terzo Polo, tecnocrazie).
Vi sono quelli che sono costretti a sopportare , obtorto collo, Monti ( PDL, PD).
Vi sono quelli contro Monti, per mestiere, ma pronti a trattare, se legittimati ai tavoli di concertazione  e del potere( sindacati e rappresentanze corporative varie).
Vi sono quelli ferocemente contro Monti ( Lega, IDV, sinistre sindacali e radicali varie).
Queste quattro posizioni sono accomunate da una caratteristica comune: non hanno un progetto alternativo,non hanno una visione alternativa al dominio della finanza globale ( a parte fare quotidiane e generiche sparate contro tutto), non hanno nemmeno capito la portata della sfida globale in corso.
Il coro è molto molto più simile ed omogeneo di quanto non appaia.
Sono , tutte,posizioni perdenti e devastanti.
Noi non intendiamo accodarci a questo coro.
Noi lavoriamo per una visione, una strategia, un progetto alternativi.
Quel progetto evocato nei punti precedenti.

IV- LA STRATEGIA NEOMERIDIONALISTA VA INCARIDINATA IN QUESTA STRATEGIA GLOBALE
Il movimento neomeridionalista non si deve confondere dentro questa palude di incompetenza, di opportunismo,di ignavia, di miserabile povertà di strategie e progetti alternativi ,di populismi di destra e di sinistra, di populismi nordisti e sudisti.
Finora, ho registrato soltanto tre miserabili gare:
-tra chi sostiene, alla meglio o alla meno peggio, Monti ( Terzo Polo):noi non siamo tra questi;
-tra chi cerca di barcamenarsi con Monti, in attesa  di liquidarlo e della rivincita ( PDL, PD): noi no siamo tra questi;
-tra chi attacca ferocemente Monti ( Lega Nord, IDV, populisti vari destrorsi e sinistrorsi, tribù  velleitarie di sudisti e nordisti o di sedicenti tali):noi non siamo tra questi.
Noi non facciamo parte di questa immonda cagnara.
Il progetto neomeridionalista va incardinato nel progetto e nella battaglia per abbattere e riformare l’attuale sistema di domino della finanza globale ( punto I);
nel progetto e nella battaglia per la riforma costituzionale, politica e monetaria dell’Europa, perché esistano e vengano ripristinate,  o a livello europeo o a livello nazionale statale, le tre sovranità  statale, popolare e monetaria ( punto II);
nel progetto e nella battaglia per ripristinare, per l’Italia, le tre suddette sovranità ( punto III).
Dentro questo scenario analitico e progettuale vanno incardinati e fatti vivere i cinque caposaldi del neomeridionalismo .
-identità storico-politica ( da Zitara a Pino Aprile);
-Repubblica federalista unitaria ,alla tedesca, con un Sud  unito al suo interno, secondo il progetto di Giorgio Ruffolo;
-progetto di sviluppo economico sostenibile del Sud ( progetto Grande mediterraneo, fiscalità di sviluppo, tutela e valorizzazione delle proprie risorse, centralità dell’agricoltura, progetto energetico);
-autonomia culturale e identitaria;
-autonomia politica, anche con la costruzione di un grande PARTITO D’AZIONE NEOMERIDIONALISTA, a partire dall’intuizione profetica di Guido Dorso.

Bibliografia e documentazione di supporto:
-Guido Dorso, “ La rivoluzione meridionale”, 1950;
-Il Manifesto del neomeridionalismo in 7 punti , approvato dagli Stati generali del Sud del 2010
-Dossier con i 30 comunicati 2010 di Beppe De Santis;
-Saggio critico di Beppe De Santis  contro il volume di Marco De Marco, “Terronismo” (2011);
-Lino Patruno, “Fuoco del Sud”, 2011;
-Pino Aprile, “ Giù al Sud”, 2011.

*Membro della Presidenza/Segreteria paritaria a tre, composta da Andrea Balia,Beppe De Santis e Natale Cuccurese







venerdì 27 gennaio 2012

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martedì 24 gennaio 2012

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SOLE 24 ORE
L'ultimo maestro della triade siciliana

Salvatore Silvano Nigro Cronologia articolo22 gennaio 2012

Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2012 alle ore 08:13.
Ho nel mio studio una fotografia scattata da Giuseppe Leone trent'anni fa. Occupa un'intera parete. C'è Vincenzo Consolo, nella foto. E con lui ci sono Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino. Ridono, contagiandosi a vicenda. Ridono fino a sgangherarsi. Si tengono spalla contro spalla, con le lacrime agli occhi. Sciascia sta in mezzo. Consolo si gira di lato. Vuole evitare di lasciarsi trascinare da Sciascia che quasi si piega sulle ginocchia. Bufalino si gratta la testa e sorregge gli occhiali. Ridono felicemente. Voglio ricordarli così, tutti e tre: i tre grandi maestri della letteratura siciliana del secolo scorso; i tre scrittori che hanno regalato alla letteratura opere indimenticabili. Fu Sciascia a scoprire Bufalino e a sostenere con la sua autorità il singolare liberty funerario di Diceria dell'untore. Fu Sciascia a ispirare sin dall'inizio Vincenzo Consolo, che era nato sì a Sant'Agata di Militello nel 1933, ma alla letteratura era nato all'ombra del Consiglio d'Egitto: dapprima con il felicissimo romanzo d'esordio La ferita dell'aprile (1963) fortemente voluto da Nicolò Gallo, e poi, soprattutto, con Il sorriso dell'ignoto marinaio (1976). Sciascia, Consolo, Bufalino. E bisogna aggiungere Elvira Sellerio, che nella foto non compare. Ma era presente nella scena, accanto al fotografo. Fu Elvira Sellerio a cementare l'amicizia fra i tre scrittori. E fu Elvira Sellerio a costringere Consolo, con la forza della sua ostinazione, a scrivere quell'altro capolavoro che è il romanzo Retablo (1987). Consolo era lento nella scrittura. Aveva i suoi tempi, e aveva bisogno di essere incalzato.
Consolo è stato l'erede di Sciascia. Ne ha continuato l'impegno civile. Non da epigono, però. Ma con un'autonomia letteraria sostenuta dall'invenzione di una lingua che fa capo alla Scuola poetica siciliana di Federico II, declinando Jacopo da Lentini e Cielo d'Alcamo attraverso le lezioni del barocco Daniello Bartoli, delle avanguardie novecentesche, e del conterraneo Lucio Piccolo autore dei Canti barocchi. Con Sciascia, Consolo ha condiviso l'amore per Manzoni. Ed è dai Promessi sposi e dalla Storia della Colonna infame che discende, nelle opere dei due scrittori, il senso di responsabilità morale e la diffidenza nel lavoro della penna che asservita, o malamente usata, può essere strumento di impostura. Consolo non è mai venuto meno a un'idea di letteratura come indagine sugli errori della storia e della politica. E quando si è sentito sopravanzato, quasi sopraffatto da una realtà politicamente indecorosa e violentemente prepotente, non ha esitato a deporre la penna e a interrogarsi su un silenzio attivo, inteso come dolorosa denuncia della barbarie. Consolo aveva alle spalle una solida esperienza di giornalista. Aveva percorso la Sicilia in lungo e in largo per conto del quotidiano «L'Ora» di Palermo. Aveva seguito processi su fatti tremendi e sondato gli abissi più sciagurati del malaffare. Era scivolato sul sangue di più cadaveri, lungo le strade e le trazzere. La sua penna non dimenticò mai gli scempi dell'isola: la distruzione del paesaggio, la corruzione, la violenza della mafia, le responsabilità di una classe politica abietta, lo sconvolgimento antropologico. La Sicilia divenne per lui un'Itaca presa in ostaggio dai Proci. Lui stesso indossò i panni di Odisseo. Viaggiò lontano dall'isola, con un cruccio dentro e un amore malinconico. Ma rimase fedele a Itaca. Vi tornò spesso. E usò la scrittura barocca come Ulisse usò il suo arco: per lenire un dolore e per cancellare un'offesa.
Incontrò un poeta sulla sua strada. Un poeta antropologo. Ne parla nei racconti saggistici dell'Olivo e l'olivastro (1994). Si chiamava Antonino Uccello. Questo delicato poeta aveva messo su, a Palazzolo Acreide, una casa-museo. Vi aveva sistemato tutti gli oggetti della civiltà contadina siciliana. E aveva ottenuto che tutti i visitatori, venissero dall'Australia o dagli Stati Uniti, dalla Germania o dalla Cina, ritrovassero là dentro un loro sogno, una loro infanzia, l'illusione di una vita piena. Consolo sognò là dentro, in quella serena casa-museo, un'Itaca senza Proci. Ma si rese conto che il suo, come quello di Uccello, era un disperato volo d'Icaro. Si ricordò di Siracusa, di un quadro di Caravaggio, del Seppellimento di Santa Lucia. Al racconto su Uccello accostò un altro racconto, su Caravaggio e il ceroplasta Zummo. Immaginò di scrostare la tela di Caravaggio, alla ricerca del taglio: della ferita mortale inflitta a Santa Lucia dal carnefice. Quella ferita era stata nascosta dalla bellezza della pittura. Solo Zummo, il figlio di una schiava, s'era accorto nel Seicento dell'inganno. Aveva affondato lo sguardo fin dentro la ferita. E da quel taglio aveva estratto le essudazioni, il pus e i vermi delle sue "pesti" di cera. Dietro i colori del barocco di Zummo, e di Consolo, sanguina e impuditrisce una ferita.
Con Consolo scompare l'ultimo rappresentante di quella grande stagione letteraria che la macchina fotografica di Leone ha fissato per sempre in un momento di gioia. Una foto storica, che sorprende i tre protagonisti uniti nella felicità di un momento magico nella spianata di fronte alla casa di campagna di Sciascia.
Vincenzo Consolo si è spento. Ma le sue opere torneranno presto in libreria. Cesare Segre, il critico più amato da Consolo, sta lavorando, insieme a Giovanni Turchetta, al Meridiano a lui dedicato. La Mondadori ha annunciato pure un volume di racconti. E Sellerio ha in preparazione un libro che raccoglie gli articoli apparsi su «L'Ora».

CONSOLO 3

Vincenzo Consolo

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« Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in Sicilia, di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della costa, inoltrarmi all'interno, sostare in città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta di addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca. »

(Vincenzo Consolo, Le pietre di Pantalica, 1988)

Vincenzo Consolo (Sant'Agata di Militello, 18 febbraio 1933Milano, 21 gennaio 2012) è stato uno scrittore e saggista italiano. È considerato uno tra i maggiori narratori italiani contemporanei. È un autore sui generis perché non scrive veri e propri romanzi, convinto com'è che "non si possono scrivere romanzi perché ingannano il lettore", ma predilige una narrazione orientata verso la poesia.

Indice
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·                                 1 Biografia
·                                 2 La poetica
o                                        2.1 Il rapporto con la Sicilia
o                                        2.2 La percezione del male di vivere
o                                        2.3 La lingua
o                                        2.4 Il sorriso dell'ignoto marinaio
o                                        2.5 Lunaria
o                                        2.6 Retablo
o                                        2.7 Le pietre di Pantalica
·                                 3 Opere
o                                        3.1 Romanzi e racconti
o                                        3.2 Saggi
o                                        3.3 Contributi
·                                 4 Collaborazioni
·                                 5 Premi
·                                 6 Note
·                                 7 Bibliografia
·                                 8 Altri progetti

Biografia [modifica]

Nato a Sant'Agata di Militello (Messina) nel 1933, dopo le scuole superiori, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica di Milano, ma si laurea, con una tesi in filosofia del diritto, all'Università di Messina, dopo aver assolto il servizio militare.
Conclusi gli studi universitari, ritorna in Sicilia, dove si dedica all'insegnamento nelle scuole agrarie. Nel 1963 esordisce con il suo primo romanzo, La ferita dell'aprile, squarcio sulla vita di un paese siciliano movimentato dalle lotte politiche dei primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti umani e letterari, in quella stagione, sono lo scrittore Leonardo Sciascia e il poeta Lucio Piccolo.
Nel 1968, avendo vinto un concorso alla Rai, si trasferisce a Milano, dove ha vissuto e lavorato fino alla sua morte, svolgendo un'intensa attività giornalistica, con lunghi soggiorni nel paese d'origine.
La vera rivelazione arriva nel 1976, con Il sorriso dell'ignoto marinaio, singolare ricostruzione di alcuni eventi svoltisi nel nord della Sicilia al passaggio dal regime borbonico a quello unitario e culminati nella sanguinosa rivolta contadina di Alcara Li Fusi nel maggio 1860. Un anno dopo, nel 1977, Consolo diviene consulente editoriale della Einaudi per la narrativa italiana, insieme, tra gli altri, a Italo Calvino e Natalia Ginzburg.
Tra le altre sue opere principali: Retablo (1987), Nottetempo, casa per casa (1992), L'olivo e l'olivastro (1994), Lo spasimo di Palermo (1998), Di qua dal faro (2001). Tra i racconti: Le pietre di Pantalica (1988), Per un po' d'erba ai limiti del feudo (in Narratori di Sicilia a cura di L. Sciascia e S. Guglielmino, 1967), Un giorno come gli altri (in Racconti italiani del Novecento a cura di E. Siciliano, 1983), il racconto teatrale Lunaria (1985), Catarsi (1989).
Nel 2007 ha ricevuto la laurea honoris causa in Filologia moderna dall'Università di Palermo (nella stessa giornata, insieme a Luigi Meneghello).
La sua ultima opera è Il corteo di Dioniso (2009).
I suoi libri sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, olandese, rumeno, catalano.
Insieme a vari premi ricevuti nel corso degli anni, ha vinto nel 1992, con Nottetempo, casa per casa, il prestigioso Premio Strega e nel 1994 il Premio Internazionale Unione Latina per l'insieme della sua opera.
Muore il 21 gennaio 2012 a Milano, dopo una lunga malattia.

La poetica [modifica]

La narrativa di Vincenzo Consolo presenta un originale rapporto tra memoria storica e ricerca linguistica. Egli è infatti attento alle più varie possibilità di linguaggio, e questo lo conduce a una appassionata interrogazione del passato. La ricerca di questa memoria storica riguarda il mondo della Sicilia, il suo passato e il suo presente, la sua bellezza affascinante e il suo disfacimento, i suoi odori forti, la sua natura seducente, portano questa contraddizione all'estremo, le danno una singolare capacità conoscitiva.

Il rapporto con la Sicilia [modifica]

Consolo, come tanti scrittori siciliani moderni, scrive costantemente della sua terra d'origine, traendo spunto dal materiale autobiografico relativo alla sua infanzia e giovinezza "isolana". Ciò gli ha permesso di ricostruire nelle sue opere momenti e vissuti personali attraverso il "filtro" di un particolare tipo di memoria che si tinge di nostalgia. Questa posizione di distanza materiale e vicinanza affettiva sembra provenire insieme da un rapporto di amore e odio con la Sicilia, e da una doppia esigenza artistica e conoscitiva.
Da una parte la distanza consente una messa a fuoco migliore e più oggettiva della realtà siciliana, che può essere giudicata più chiaramente anche perché posta in relazione con quanto accade nel "continente". Da un'altra parte però, la terra dell'infanzia e di un passato ancora più remoto, ricostruita sul filo della memoria personale, diviene un luogo forse idealizzato dal ricordo e dalla nostalgia, ma anche per questo capace di diventare un termine di paragone per rilevare la violenza del tempo e le trasformazioni che devastano un mondo ingiusto ma comunque carico di valori positivi, per sostituirlo con un mondo non meno ingiusto e per di più impoverito sul piano umano.

La percezione del male di vivere [modifica]

Al centro di quasi ogni opera di Consolo vi è la percezione del male di vivere. Egli rappresenta la tragedia del vivere su due livelli diversi. Innanzitutto c'è la riflessione esistenziale e trascendentale sul destino eterno dell'uomo, sulla sua sofferenza e sull'inevitabile vittoria della corrosione e della morte.
In Filosofiana, uno dei racconti de Le pietre di Pantalica, il protagonista si chiede:


« Ma che siamo noi, che siamo?... Formicole che s'ammazzano di travaglio in questa vita breve come il giorno, un lampo. In fila avant'arriere senza sosta sopra quest'aia tonda che si chiama mondo, carichi di grani, paglie, pùliche, a pro' di uno, due più fortunati. E poi? Il tempo passa, ammassa fango, terra sopra un gran frantumo d'ossa. E resta, come segno della vita scanalata, qualche scritta sopra d'una lastra, qualche scena o figura. »



Bisogna notare che questa riflessione avviene mentre il protagonista sta "masticando pane e pecorino con il pepe", controbilanciando così il tono alto con un riferimento basso, quasi comico: una situazione tipica della narrativa di Consolo.
Consolo tende spesso a ricordare al lettore che la sofferenza è sì di tutti, ma che non si distribuisce in parti uguali, anzi rispetta perfettamente le differenze di classe. Ecco quindi che si arriva all'altro livello della rappresentazione della tragedia del mondo, e alla violenza non più della natura sull'uomo ma dell'uomo contro il suo simile. Egli sottolinea soprattutto la recita esterna del potere, "quella di sempre, che sempre ripetono baroni, proprietari e alletterati con ognuno che viene qua a comandare, per avere grazie, giovamenti, e soprattutto per fottere i villani".

La lingua [modifica]

Di particolare interesse è il modello linguistico di Consolo. La sua "lingua" è una ricerca continua di originalità.
In un'intervista curata da Marino Sinibaldi egli ha dichiarato:


« Fin dal mio primo libro ho cominciato a non scrivere in italiano. Ho voluto creare una lingua che esprimesse una ribellione totale alla storia e ai suoi esiti. Ma non è dialetto. È l'immissione nel codice linguistico nazionale di un materiale che non era registrato, è l'innesto di vocaboli che sono stati espulsi e dimenticati. Io cerco di salvare le parole per salvare i sentimenti che le parole esprimono, per salvare una certa storia. »



La caratteristica fondamentale della lingua di Consolo è la tensione verso l'affermazione di una propria identità, riconoscibile quasi in ogni frase. Egli vuole creare una distanza fra la sua lingua e la povertà d'espressione della lingua di uso corrente. Per ottenere ciò si allontana dal lessico dell'italiano comune cancellando quasi il tono medio, e ricorre a una pluralità di lessici (soprattutto l'italiano antico e il siciliano) e a una pluralità di registri e di toni, dal tragico, al lirico, al familiare, al triviale. Questa contrapposizione alto-basso, tragico-comico, ricorda lo sperimentalismo linguistico di altri autori, primo fra tutti Gadda.
La compresenza contraddittoria di tragico e comico coincide anche con quel "sentimento del contrario" dell'umorismo di Pirandello. La pluralità di toni e di lingue comporta anche una pluralità di prospettive. Se in alcune opere troviamo narratori diversi che osservano la realtà dal proprio punto di vista, in generale Consolo sceglie di raccontare secondo la prospettiva soggettiva e parziale di qualcuno che è dentro la storia.

Il sorriso dell'ignoto marinaio [modifica]



« Tutta l'espressione di quel volto era fissata, per sempre, nell'increspatura sottile, mobile, fuggevole dell'ironia, velo sublime d'aspro pudore con cui gli esseri intelligenti coprono la pietà. »



Il sorriso dell'ignoto marinaio viene pubblicato nel 1976 per l'Einaudi ed è il primo vero successo di Vincenzo Consolo. È un'opera percorsa da una forte tensione civile, un romanzo storico che riporta nella Sicilia dei moti rivoluzionari del 1860 ed ha al centro una sommossa contadina che si scatena in un piccolo paese all'arrivo delle truppe di Garibaldi. Questa sommossa è l'occasione per una presa di coscienza del protagonista, il barone filantropo Mandralisca di Cefalù (che riceve in dono a Lipari il celebre ritratto che Antonello da Messina disegnò tra il 1460 e il 1470 su una tavola di piccole dimensioni). È attraverso quest'ultimo che l'autore si interroga su grandi temi come la posizione dell'intellettuale dinanzi alla storia, il valore e le possibilità della scrittura letteraria, gli eventi cruciali della storia civile italiana, del passato e del presente. Consolo, attraverso la figura di Mandralisca si fa portavoce del malessere delle genti siciliane e dello spirito popolare tradito dalle strutture politiche. Egli inserisce nel racconto documenti dell'epoca, spesso manipolati; importante è perciò, in questo romanzo, la commistione tra arte e narrativa, tra storia e attualità.
Il tema del Risorgimento fallito, della continuazione sotto nuova veste di una secolare oppressione, molto caro a tanta narrativa siciliana, viene qui affrontato con il continuo passaggio da una rappresentazione corale a una centrata su due personaggi storici reali, Mandralisca appunto e l'avvocato Giovanni Interdonato (che rientra in Sicilia per organizzare l'opposizione ai Borboni), nel quale il barone riscontra quel sorriso beffardo del dipinto: dalle vicende di questi personaggi scaturiscono situazioni diverse, disposte su piani molteplici, che scendono sempre più in basso nella scala sociale. La lingua è tesa e carica, ricca di suggestioni barocche; sono combinate parole di varia provenienza, arcaiche, dialettali, tecniche, letterarie, straniere.
Il libro è percorso da alcune immagini-chiave: il ritratto di Antonello da Messina, in cui la figura umana è fissata "per sempre, nell'increspatura sottile, mobile, fuggevole dell'ironia"; la "chiocciola" in cui si leggono i segni della "storia che vorticando dal profondo viene". Anche grazie a queste immagini si scopre il tema profondo del libro, ovvero la disperata ricerca di una speranza di giustizia, in un mondo dominato dalla violenza, dall'oppressione e dall'inganno. La chiave dello sguardo che lo scrittore ha sul mondo sta nel sorriso del marinaio, descrizione del quadro di Antonello da Messina:


« Il Mandralisca si trovò di fronte un uomo con uno strano sorriso sulle labbra. Un sorriso ironico, pungente e nello stesso amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro; di uno che si difende dal dolore della conoscenza e da un moto continuo di pietà. E gli occhi aveva piccoli e puntuti, sotto l'arco nero delle sopracciglia. Due pieghe gli solcavano il viso duro, agli angoli della bocca, come a chiudere e ancora accentuare quel sorriso. »



Lunaria [modifica]

Il protagonista di questo romanzo è un viceré malinconico e misantropo, afflitto dall'esuberanza della moglie così come dalla grande quantità di parenti e cortigiani, costretto a vivere in una città solare e violenta di cui è l'unico a vedere la reale decadenza, obbligato a rappresentare un potere in cui non crede.
Questo personaggio lunatico una notte sogna la caduta della luna. E la luna cade davvero, in una contrada del vicereame, gettando scompiglio tra i contadini ma ancor più tra gli accademici chiamati a spiegare il prodigio con la loro povera scienza.

Retablo [modifica]

Il titolo del romanzo, pubblicato nel 1987, è formato da un termine catalano, retablo, che indica un insieme di figure che rappresentano i diversi momenti di una storia, una narrazione pittorica costruita su tavole collegate tra loro. Il titolo allude alla struttura complessa del libro, basata su in intreccio di piani narrativi, di rapporti tra scrittura e immagine.
Il romanzo, ambientato in pieno Settecento racconta le vicende di due personaggi. Il primo è un pittore milanese, imbevuto di cultura illuminista e amante dell'antichità classica, che viaggia per la Sicilia tenendo un diario destinato alla donna amata, Teresa Blasco (la quale però -egli lo apprende durante il viaggio- sposerà Cesare Beccaria, l'autore del famoso Dei delitti e delle pene). Il pittore si chiama Fabrizio Clerici, lo stesso nome di un importante pittore e scenografo del XX secolo, amico di Consolo, del quale sono inseriti nel libro cinque disegni. Il secondo personaggio è il frate siciliano Isidoro, tormentato dall'amore sconvolgente per una donna di nome Rosalia, che durante il viaggio farà da aiutante e cicerone al pittore.
L'amore lontano e impossibile, tanto più profondo quanto irrealizzabile, è per i due personaggi la guida che conduce alla conoscenza della realtà, della Sicilia che essi percorrono, barocca, seducente, dai colori e profumi eccessivi, dove si scontrano e si fondono risonanze di mondi lontani e diversi. Nel gioco sottile di rimandi su cui il libro è strutturato, in una prosa ricca e capace di riflettere in sé l'accesa evidenza del reale, si afferma il bisogno di una ragione capace di rimanere presente a se stessa pur nel ribollire della materia e della violenza.

Le pietre di Pantalica [modifica]

Le Pietre di Pantalica è una raccolta di racconti, scritta nel 1988. Pantalica, necropoli rupestre formata da circa 5.000 grotte scavate fra il XIII e l'VIII secolo a.C., vale come esempio di luogo da conservare intatto per la sua suggestione naturale e artistica, ma soprattutto come simbolo di una autenticità umana che sembra in via di estinzione.
La storia ha inizio con la fine della seconda guerra mondiale, e la prima sezione del libro, Teatro, raccoglie i frammenti di un possibile romanzo sulla Sicilia all'epoca dello sbarco degli americani nel 1943. La liberazione e il dopoguerra avevano alimentato una grande speranza di riscatto, cui ha fatto seguito però una grande disillusione. Non per caso in Teatro, soprattutto nella serie "Ratumeni", dedicata a un episodio di occupazione di terre, si ritrovano molti problemi che erano già al centro de Il sorriso dell'ignoto marinaio: anzitutto la continuità del potere economico-sociale al di là dei cambiamenti formali di governo, e l'estraneità della gente siciliana allo stato italiano.
Il titolo di questa prima sezione sottolinea però anche un altro aspetto della concezione del mondo consoliana, ovvero l'idea che la vita umana sia sorretta da un gioco illusionistico, e assomigli a una rappresentazione teatrale. È una concezione barocca, che, per i legami profondi fra la cultura siciliana e quella spagnola, si ritrova in molti scrittori dell'isola.
La seconda sezione, Persone, raccoglie una serie di ritratti di intellettuali: Sciascia, Buttitta, Antonino Uccello, Lucio Piccolo. A questi si aggiunge, ne I linguaggi del bosco, una rilettura di una fase dell'infanzia di Consolo stesso attraverso due fotografie del 1938, che ritraggono il padre dello scrittore accanto al suo principale strumento di lavoro, un fiammante camion. Si ripropone così esplicitamente un altro motivo caro a Consolo, dal Sorriso a Retablo, quello cioè dell'intreccio fra l'arte della parola e quella dell'immagine.


« Con l'aiuto di una lente, cerco di leggere e descrivere queste due foto. (…) Voglio solo fare una lettura oggettiva, letterale, come di reperti archeologici o di frammenti epigrafici, da cui partire per la ricostruzione, attraverso la memoria, d'una certa realtà, d'una certa storia. »



Con Eventi, la successiva sezione, lo scrittore si porta ad un contatto ravvicinato con la cronaca. Per esempio il "Memoriale di Basilio Archita" è una riscrittura, a pochi giorni dai fatti, di un atroce episodio di clandestini africani buttati in pasto ai pescecani da un mercantile greco[1]. Usando la prima persona grammaticale Consolo si mette nei panni di un immaginario marittimo italiano coinvolto nel delitto, ricostruendo un gioco di suspense e anticipazioni narrative. Né si deve trascurare lo sforzo di fingere un linguaggio poverissimo, carico di forme del parlato comune, lontanissimo dunque dello stile consueto dell'autore. Curiosamente però nel personaggio di Basilio, in teoria distante dalla personalità di chi lo ha inventato, c'è anche un autoritratto, e nemmeno tanto nascosto: "Io non sono buono a parlare, mi trovo meglio a scrivere".
In effetti Consolo dissemina e nasconde nelle sue opere autoritratti. Anche la bambina compagna di giochi dell'autore nell'unico racconto direttamente autobiografico, Amalia, che rivela a Vincenzo "il bosco più intricato e segreto" e che conosce infinite lingue, sembra, oltre che un personaggio reale, anche un alter ego del narratore. Amalia infatti "Nominava" le cose "in una lingua di sua invenzione, una lingua unica e personale, che ora a poco a poco insegnava a me e con la quale per la prima volta comunicava".

Opere [modifica]

Romanzi e racconti [modifica]

  • La ferita dell'aprile, romanzo, Milano, Mondadori, 1963; Torino, Einaudi, 1977; Mondadori 1989 (con introduzione di Gian Carlo Ferretti).
  • Per un po' d'erba ai limiti del feudo, racconto, in Narratori di Sicilia, a cura di Leonardo Sciascia e S. Guglielmino, Milano, Mursia, 1967.
  • Il sorriso dell'ignoto marinaio, romanzo, Torino, Einaudi, 1976; Milano, Mondadori, 1987 (introduzione di Cesare Segre).
  • Un giorno come gli altri, racconto, in Racconti italiani del Novecento, a cura di Enzo Siciliano, Milano, Mondadori, 1983.
  • Lunaria, racconto, Torino, Einaudi, 1985; Milano, Mondadori, 1996.
  • Retablo, romanzo, Palermo, Sellerio, 1987; Milano, Mondadori, 2000.
  • Le pietre di Pantalica, racconti, Milano, Mondadori, 1988; 1990 (con introduzione di Gianni Turchetta).
  • Catarsi, racconto, in Trittico, a cura di Antonio Di Grado e Giuseppe Lazzaro Danzuso, Catania, Sanfilippo, 1989.
  • Nottetempo, casa per casa, romanzo, Milano, Mondadori, 1992 Premio Strega; 1994 (con introduzione di Antonio Franchini); Torino, Utet, 2006 (con prefazione di Giulio Ferroni).
  • Fuga dall'Etna, Roma, Donzelli, 1993.
  • Nerò metallicò, Genova, Il Melangolo, 1994; Roma, Gremese, 2009.
  • L'olivo e l'olivastro, Milano, Mondadori, 1994.
  • Lo spasimo di Palermo, Milano, Mondadori, 1998.
  • Di qua dal faro, Milano, Mondadori, 1999.
  • Il teatro del sole: racconti di Natale, Novara, Interlinea, 1999.
  • Il viaggio di Odisseo (con Mario Nicolao), introduzione di Maria Corti, Milano, Bompiani, 1999.
  • La rovina di Siracusa racconto in Rappresentare il Mediterraneo. Lo sguardo italiano, Messina, Mesogea, 2000.
  • Isole dolci del dio, Brescia, L' obliquo, 2002.
  • Oratorio, Lecce, Manni, 2002.
  • Il corteo di Dioniso, Roma, La Lepre edizioni, 2009.

Saggi [modifica]

  • Nfernu veru. Uomini e immagini dei paesi dello zolfo, Roma, Edizioni del Lavoro, 1985.
  • La pesca del tonno in Sicilia, Palermo, Sellerio, 1986.
  • Il barocco in Sicilia, Milano, Bompiani, 1991.
  • Vedute dallo stretto di Messina, Palermo, Sellerio, 1993.
  • I ritorni: conversazioni in Sicilia, Padova, Imprimitur, 1997.

Contributi [modifica]

  • Prefazione a Carlo Levi, Le parole sono pietre, Torino, Einaudi, 1955.
  • Introduzione a Christophe Charle, Letteratura e potere, Palermo, Sellerio, 1979.
  • Un castello di vigilia, post-fazione a Giovanni Verga, Le storie del castello di Trezza, Palermo, Sellerio, 1982.
  • I nostri Natali perduti, in Antonino Buttitta (a cura di), Il Natale, Palermo, Edizioni Guida, 1985.
  • Prefazione a Basilio Reale, Sirene siciliane, Palermo, Sellerio, 1986.
  • L'ulivo e la giara, in Omaggio a Pirandello, a cura di Leonardo Sciascia, Milano, Bompiani, 1986.
  • La Cocuzza, in Almanacco della Cometa, Roma, Edizioni della Cometa, 1986.
  • Introduzione a J. W. Goethe, Viaggio in Sicilia, Siracusa, Ediprint, 1987.
  • Introduzione a Nino Savarese, Storie di provincia, Palermo, Nuova Editrice Meridionale, 1988.
  • Nota in Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso, Palermo, Sellerio, 1990.
  • Lo scrittore di pensiero, in Leonardo Sciascia, Quaderno, Palermo, Nem, 1991.
  • Postfazione a Ġassān Kanāfanī, Uomini sotto il sole, Palermo, Sellerio, 1991.
  • Introduzione a Album Pirandello, a cura di Maria Luisa Aguirre D'Amico, Milano, Mondadori, 1992.
  • Introduzione a Maria Attanasio, Correva l'anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile, Palermo, Sellerio, 1994.
  • Madre Coraggio, in Viaggio in Palestina, Roma, Nottetempo, 2003.

Collaborazioni [modifica]

Numerose le collaborazioni con giornali e riviste.
  • Nel 2006 ha partecipato al documentario Oltre Selinunte leggendo alcuni passi dal suo romanzo Retablo.[2]
  • Nel 2008 ha partecipato al documentario L'isola in me di Ludovica Tortora de Falco, produzione Arapan, come narratore del documentario che riscopre la voce preziosa di Consolo attraverso i suoi testi e le immagini della sua Sicilia.[3]

Premi [modifica]

Note [modifica]

  1. ^ Clandestini africani in pasto ai pescecani Notizia da LaRepubblica.it
  2. ^ Oltre Selinunte Scheda film di Cinecittà Luce Filmitalia.
  3. ^ [1] Scheda film di Arapàn.
  4. ^ Vincenzo Consolo, Premio Strega 1992.
  5. ^ Scheda su Vincenzo Consolo
  6. ^ Vincitori del Premio Brancati - Narrativa, 1999.
  7. ^ Vincitori del Premio Flaiano - Narrativa, 1999.
  8. ^ Vincitori del Premio Feronia - Narrativa, 2000.

Bibliografia [modifica]

  • Gianni Turchetta, Introduzione a Le pietre di Pantalica, Milano: Mondadori, 1988
  • Gaetano Compagnino, La talpa e la lumaca. Vincenzo Consolo narratore, in Narratori siciliani del secondo dopoguerra, a cura di Sarah Zappulla Muscarà, Catania: Maimone, 1990
  • Flora Di Legami, Vincenzo Consolo: la figura e l'opera, Marina di Patti: Pungitopo, 1990
  • Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana, Milano: Einaudi, 1991
  • Natale Tedesco, La scala a chiocciola, Palermo: Sellerio, 1991
  • Giuseppe Saja (a cura di), Omaggio a Vincenzo Consolo, Palermo: Lo Giudice, 1994
  • Attilio Scuderi, "Scrittura senza fine. Le metafore malinconiche di Vincenzo Consolo", Enna: Il Lunario, 1997
  • Ferruccio Parazzoli, Il gioco del mondo: dialoghi sulla vita, i sogni, le memorie (con Consolo e altri), Cinisello Balsamo: San Paolo, 1998
  • Giuseppe Traina, Vincenzo Consolo, Fiesole (Firenze): Cadmo, 2002
  • Enzo Papa (a cura di), Per Vincenzo Consolo. Atti delle giornate di studio di Siracusa, 2-3 maggio 2003, Lecce: Manni, 2004
  • Giuliana Adamo (a cura di), La parola scritta e pronunciata: nuovi saggi sulla narrativa di Vincenzo Consolo, prefazione di Giulio Ferroni, Lecce: Manni, 2006
  • Vincenzo Pascale, Lo sguardo e la storia: il sorriso dell'ignoto marinaio di Vincenzo Consolo, Roma: Vecchiarelli, 2006
  • Domenico Calcaterra, Vincenzo Consolo : le parole, il tono, la cadenza, Catania: Prova d'autore, 2007
  • L'isola in me: in viaggio con Vincenzo Consolo, film documentario di Ludovica Tortora de Falco, Roma: Arapán, 2008 (DVD, durata 75')
  • Salvo Puglisi, Soli andavamo per la rovina: saggio sulla scrittura di Vincenzo Consolo, Acireale-Roma: Bonanno, 2008
  • Salvatore Trovato, Italiano regionale, letteratura, traduzione. Pirandello, D'Arrigo, Consolo, Occhiato, Leonforte: Euno Edizioni, 2011

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Addio a Vincenzo Consolo da Mistrettanews