lunedì 23 gennaio 2012

aldo cazzullo sui forconi


QUELLA SICILIA DEI FORCONI CHE NON VA SOTTOVALUTATA

Da "Il Corriere della Sera" di domenica 22 gennaio 2012
Di Aldo Cazzullo
Non è certo la prima  volta che una rivolta spontanea nata sul territorio punta su Roma e sul Palazzo. Eppure il movimento scaltramente denominatosi «dei forconi», a evocare la ribellione violenta contro il sistema, ha messo in scena episodi che in Italia non si erano ancora visti, se non a Terzigno, nei giorni della rivolta dei rifiuti. La bandiera italiana, per la prima volta, viene bruciata nelle piazze. E non nel Nord leghista - dove pure il tricolore è stato talora svillaneggiato - ma al Sud.
 II raffronto con la Primavera araba, come se a Roma fossero al governo un Gheddafi o un Assad, è all`evidenza una sciocchezza tale che non merita di essere discussa. Ma anche il paragone con gli Indignados di Madrid è improprio. Quello era un movimento che chiedeva una riforma del sistema politico spagnolo e l`apertura di nuovi spazi sociali ed economici. Quella esplosa a Palermo - e che ambisce ad attecchire in continente è la protesta di categorie impoverite dalla crisi, schiacciate dalla burocrazia e dai prezzi, spaventate dalla mancanza di prospettive, talora private sia dell`obolo dello Stato assistenziale sia del «welfare» mafioso. Non deve stupire che la scintilla si sia accesa al Sud. Già nel 15o° anniversario dell`Unità i segnali di insofferenza erano arrivati in particolare dal Mezzogiorno. I motivi sono sia culturali sia economici. 11 rancore neoborbonico che fa risalire i mali del Sud alla «conquista» da parte del Nord ha un sapore consolatorio, perché carica le responsabilità su spalle altrui. E la crisi riduce ai limiti della sussistenza interi ceti sociali e categorie professionali. Perché chi perde lavoro al Nord si rassegna magari al declassamento, mentre le lacune del sistema produttivo fanno sì che al Sud l`alternativa sia spesso la miseria; di fronte alla quale lo spettacolo delle prebende e dei privilegi curi politici proprio non riescono a rinunciare assume i contorni della vergogna. Non è un caso che l`altro simbolo della rivolta, oltre ai forconi, sia il vessillo della Trinacria. In Sicilia stiamo assistendo alle doglie che precedono la nascita della Lega (o delle leghe) del Sud;
che non sarà certo una sottomarca di Forza Italia - come il partitino di Micciché - e forse neppure l`Mpa di Lombardo, ma un movimento che almeno alle origini si annuncia populista più che clientelare, ribellista ed extrapolitico più che istituzionale e di governo. Proprio questo deve indurre l`esecutivo Monti, i partiti nazionali, i ceti produttivi e in generale l`opinione pubblica a vigilare. Perché il vuoto della politica e dell`economia va riempito, e non con i forconi e i roghi delle bandiere. E giusto tagliare le false pensioni di invalidità e i contratti che condannano non solo i giovani ma anche i padri di famiglia a un precariato indefinito e mortificante. Ma il rigore non può essere un pretesto per abbandonare il Sud a ribelli e separatisti magari infiltrati dalla mafia.
Una fiscalità di vantaggio che dia ossigeno alle imprese, un sostegno a chi intenda aprirne di nuove (vere, non fittizie), investimenti sul turismo e sull`istruzione, una seria politica del credito rappresentano non soltanto le richieste ragionevoli che salgono da quell`ampia maggioranza che al Sud non ha smesso di ragionare e non cede alla disperazione: dovrebbero essere la priorità per un governo che metta al primo posto la crescita economica e il riscatto civile dell`intera nazione.

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