lunedì 16 gennaio 2012

guido rossi contro il capitalismo speculativo

GLI ECCESSI La speculazione finanziaria «brucia» il capitalismo di Guido Rossi
Il Sole 24 0re del 15 gennaio 2012
L’autorevole Financial Times ha recentemente iniziato una rubrica dal titolo "Capitalism in crisis", alla quale hanno finora contribuito con importanti saggi alcune personalità di spicco dell`economia, della politica e della letteratura. Era tempo che, fuori delle litanie esaltanti e dure a morire anche di fronte alle più evidenti realtà, o delle criminalizzazioni apodittiche, iniziasse una valutazione e un confronto serio sul capitalismo globalizzato e la sua crisi per discuterne i miti, dal libero mercato alla concorrenza, dalle liberalizzazioni alle privatizzazioni, dai bilanci degli Stati a quel che è bene pubblico e quel che è bene privato.
Ciò servirebbe anche a fornire qualche strumento alle odierne incerte politiche dei vari Paesi, appiattite spesso nel recepire ricette ideologiche dannose. Molti dei problemi sollevati dagli interventi sul Financial Times sono di grande rilievo e meriteranno approfondimenti.
Tuttavia l`ultimo, sul quotidiano di ieri della scrittrice Arundhati Roy, tocca il problema che a me pare centrale, cioè quello del potere delle grandi Corporations e della deriva istituzionale che attraverso la loro crisi ha colpito il capitalismo. Ed è forse da qui che bisogna incominciare.
La grande società per azioni, a capitale diffuso e con azioni quotate è infatti l`istituto tipico del capitalismo dalla sua nascita a oggi. Con esso è nata e cresciuta, e ha sempre più allargato le sue funzioni e i rapporti con ogni tipo di mercati e con la politica di qualunque natura.
È bene subito ricordare che la società per azioni, nata dagli Stati, ha ad essi assicurato la libertà dei commerci e il loro sviluppo economico, e ne fu spesso il loro braccio armato nelle conquiste coloniali e nello sfruttamento della schiavitù.
 Tale indissolubile rapporto tra Stato e grandi società per azioni si è via via trasformato, fino a rovesciarsi completamente. Sono oggi infatti le società a soggiogare gli Stati, sia attraverso il condizionamento della classe politica e dei legislatori, come ben sottolinea con vigore la Roy, sia addirittura attraverso la multiformità dei loro tipi, che valutano gli Stati, speculando sui titoli del loro debito e provocandone l`insolvenza. Son queste pagine della cronaca odierna.
Due fenomeni hanno certamente provocato l`attuale situazione. Il primo è di natura politico-legislativa e va ricercato nella storia delle democrazie occidentali, dall’illuminismo in poi.
Sono infatti gli Stati democratici che, attraverso politiche di deregolamentazione, hanno allentato progressivamente il loro controllo nei confronti delle grandi Corporations globalizzate. Il secondo fenomeno è di natura ideologica e fa parte della storia delle idee che, come diceva Keynes, nel bene e nel male sono le uniche a condizionare l`attività umana. Così han fatto con la politica, il diritto, l`economia, e alcuni fondamenti della civiltà occidentale. Si tratta del prevalere dell`idea che il mercato sia di per sé efficiente e non abbisogni di alcuna regola dall`esterno. È così che la società per azioni, che del mercato è la regina, abbandona la norma giuridica e finisce ad autogestirsi in un`anarchica totale libertà contrattuale. t bene ricordare a tutti che laddove è il contratto a far legge alle parti, la disciplina giuridica sparisce e si ritrae dietro le quinte.
Così tutto è cambiato. Tra i proprietari-operatori dell`impresa del capitalismo industriale, che cercavano di limitare la loro responsabilità nella raccolta dei capitali e gli azionisti dell`odierna grande società per azioni moderna, che investono indifferentemente e indiscriminatamente al di là e al di  fuori di ogni conoscenza degli affari sociali, la differenza è invero enorme. È così che possiamo oggi dire che la società per azioni, che ha soppiantato la società anonima, è in realtà ben più "anonima" di quanto sia stata in passato, essendo i reali detentori del suo potere occulti al pubblico. Ma il loro potere è quello dei gruppi di controllo, guidati nelle loro ricerche di profitto dal piccolo oligopolio delle agenzie di rating, una sorta di opachi giudici della nuova Inquisizione del capitalismo finanziario, ricolma di conflitti di interesse epidemici e di smisurato potere. Assimilati nella stessa ricerca personale del profitto a ogni costo, sono spesso i manager, con le loro stock option, sovente manipolate con vari sistemi, che fan coincidere il loro interesse non certo con quello degli azionisti, nell`accezione tradizionale del termine, ma invece con quello degli speculatori, intenti ad arricchirsi nel breve termine, con scorribande rischiose sugli affari sociali.
È allora evidente che la società per azioni, istituto tipico del capitalismo, ha perso ogni identità istituzionale e si è trasformata in modo contraddittorio fino a diventare strumento, sia di strutture opache ed esclusivamente speculative, sia di politiche allargate e fuori di ogni tradizionale dimensione societaria, come ad esempio, nella legge sulle società della repubblica popolare cinese, dove, tra gli scopi e l`oggetto dell`ente vi è quello di "proteggere l`ordine sociale ed economico e di promuovere lo sviluppo dell`economia socialista di mercato".
La mia personale conclusione è che è bruciata, come nel mito la Fenice, la tradizionale società per azioni con tutti i suoi istituti e l`identità dei suoi attori e le cosiddette regole di governance che hanno cercato di tenerla in vita. Insieme a essa sta bruciando anche il capitalismo, incrinato da conflitti di interesse epidemici, che obbediscono solo a un potere dominato dalla speculazione e dalla ricerca del profitto a ogni costo. È dunque, fuori degli schemi consueti, che da questa deriva istituzionale la crisi del capitalismo deve essere affrontata.

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