giovedì 12 gennaio 2012

krugman 7

QUELLI CHE OCCUPANO WALL STREET

C' è qualcosa nell' aria. Cosa sia ancora nonè chiaro, ma non è da escludere la nascita di un movimento popolare che, diversamente dal Tea Party, si indigna contro chi lo merita. Tre mesi fa, agli esordi di Occupiamo Wall Street, gli organi di informazione guardavano per lo più alla protesta con divertita sufficienza, nei casi in cui si degnavano di darne notizia. A nove giorni dall' inizio delle manifestazioni ad esempio la National Public Radio non ne aveva ancora parlato. Va quindi dato merito alla passione dei manifestanti se le proteste non solo sono continuate, ma sono cresciute, diventando infine un fenomeno troppo consistente per essere ignorato. Ora che i sindacati e un numero sempre crescente di parlamentari democratici esprimono quantomeno un limitato sostegno all' iniziativa, Occupiamo Wall Street sta assumendo l' aspetto di un evento importante, dalla potenziale valenza di punto di svolta. Che dire sulla protesta? Innanzitutto che i manifestanti hanno perfettamente ragione a imputare a Wall Street un potere distruttivo sotto il profilo economico e politico. Gran parte del dibattito politico oggi negli Usa è dominato da uno stanco cinismo, dalla convinzione che non sarà mai fatta giustizia e devo confessare che anch' io talvolta vi ho ceduto. Col passare del tempo è stato facile dimenticare quanto sia scandalosa la genesi dei nostri problemi economici. Vi ricordo che si tratta di un dramma in tre atti. Nel primo atto i banchieri hanno sfruttato i vantaggi della liberalizzazione del settore per scatenarsi (riservandosi compensi principeschi) e creare enormi bolle grazie a prestiti irresponsabili. Nel secondo atto le bolle sono scoppiate, ma i banchieri sono stati salvati dai contribuenti, pressoché senza condizioni, anche se chi lavora ha continuato a patire le conseguenze delle loro malefatte. Nel terzo atto i banchieri per tutta risposta si sono rivoltati contro i loro salvatorie hanno devoluto il sostegno - e i beni che ancora posseggono grazie ai salvataggi - a politici che hanno promesso di tener bassa la loro aliquota di imposta e di eliminare le blande regole imposte subito dopo la crisi. Come si fa a non applaudire i manifestanti? È innegabile che alcuni abbiano un abbigliamento poco ortodosso e scandiscano slogan ridicoli, ma è inevitabile dato che si tratta di eventi a partecipazione libera. I giovani sbrindellati che protestano contro il consumismo danno fastidio? Personalmente mi disturbano di più i plutocrati in abito sartoriale che devono la stabilità della loro posizione economica alle garanzie offerte dal governo e si lamentano anche perché il presidente Obama li tratta male. Non va scordato poi che gli uomini in giacca e cravatta non solo non hanno il monopolio della saggezza, ma ne hanno davvero poca. Quando gli opinionisti della Cnbc, per citare una rete televisiva, accusano i manifestanti di scarsa serietà, è bene ricordare che molti personaggi serissimi ci hanno garantito che la bolla immobiliare non esisteva e che Alan Greenspan era l' oracolo. Se proprio c' è una critica da fare ai manifestanti è l' assenza di precise istanze politiche. Sarebbe bene se i dimostranti trovassero una convergenza almeno su qualche importante riforma politica da intraprendere. Ma non va dato troppo peso alla mancanza di obiettivi specifici. Quello che vogliono gli aderenti al movimento Occupiamo Wall Street è a grandi linee chiaro e spetta in realtà agli intellettuali della politica e ai politici scendere in dettaglio. Rich Yeselson, veterano nel campo dei movimenti sociali come organizzatore e storico, ha proposto come rivendicazione di base la cancellazione del debito per i lavoratori americani. Mi associo, perché un provvedimento del genere oltre a soddisfare criteri di giustizia economica potrebbe essere funzionale alla ripresa. Suggerirei di chiedere anche investimenti nelle infrastrutture - non ulteriori sgravi fiscali - per creare posti di lavoro. Nessuna di queste proposte diventerà legge nel clima politico attuale, ma è proprio questo clima che i manifestanti vogliono cambiare. E qui si aprono reali opportunità politiche. Non certo per i repubblicani di oggi, che istintivamente si schierano con i "malfattori dalla grande ricchezza", come li chiamava Roosevelt. Mitt Romney, ad esempio - che, detto per inciso, probabilmente paga meno tasse di molti americani della classe media - si è affrettato a condannare la protesta come "guerra di classe". Ma ai democratici viene offerta una seconda occasione. L' amministrazione Obama ha sprecato molta potenziale buona volontà adottando politiche favorevoli alle banche nell' intento, fallito, di stimolare la ripresa economica anche se i banchieri si sono sdebitati rivoltandosi contro il presidente. Oggi però il partito di Obama ha l' opportunità di rifarsi. Basta che prenda le proteste sul serio, come meritano. E se le dimostrazioni faranno da pungolo a qualche politico portandolo ad agire come avrebbe dovuto fare da sempre, vorrà dire che Occupiamo Wall Street avrà colpito nel segno. Traduzione di Emilia Benghi © 2011 New York Times News Service - PAUL KRUGMAN

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