PRESIDENZA/SEGRETERIA
NAZIONALE
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n. 229,Palermo
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Prot. 1952/2012/13
Oggetto: Dall’esperienza del PSUD al congresso costituente di “Meridionalisti Italiani”
1- Il 26 febbraio 2012,
a conclusione del Congresso fondativo del movimento
“Meridionalisti italiani”, svoltosi a Rimini, nel “105
Stadium”, contestualmente al summit di MMT Italia (Modern Money Theory), è
stata eletta la Segreteria
nazionale.
Sono stati eletti, inoltre, il Consiglio direttivo nazionale, i
responsabili delle 20 Regioni e i responsabili dei dipartimenti nazionali di
lavoro.
2- Il nostro percorso politico, negli ultimi 15 anni, è stato di
ricerca, di innovazione, di sperimentazione:movimenti sociali e civili, movimenti
antimafia, l’esperienza della Rete e altri successivi, il movimento “Noi
siciliani”, recenti esperienze neo-autonomistiche.
3- Nel 2008, contestualmente all’esplodere della crisi globale, abbiamo
maturato la scelta di contribuire alla progettazione e promozione di un GRANDE
SOGGETTO POLITICO NEOMERIDIONALISTICO, UN VERO PARTITO POPOLARE DI MASSA.
4- Abbiamo lavorato, di conseguenza, in questo triennio, soprattutto ad
elaborare il PROGETTO STRATEGICO del neomeridionalismo. Senza Progetto, sarebbe
tutto un vano agitarsi sudista, inconcludente e dannoso. Questo lavoro è
continuato fino allo sbocco progettuale rappresentato dal summit MMT di Rimini
del 24-27 febbraio 2012, per il ripristino della sovranità monetaria, statale e
popolare.
5- In questo percorso, abbiamo incontrato altri soggetti singoli,
associazioni, piccole reti di movimento dalla più diversa ispirazione meridionalista,
collaborando e dialogando, ove è stato possibile. Si è inserita, in questo
ambito, anche l’esperienza del PSUD, dal tardo autunno del 2010. Una esperienza
utile, ma, dal nostro umile punto di vista, non pienamente soddisfacente. Si
sono registrate, presto, legittime, ma non lievi, divergenze di strategia, di
metodo, di prassi. Divergenze non facilmente componibili. Così, ciascuno ha
ripreso e riprende la sua strada. Ciò è inevitabile, giusto e legittimo.
6- Noi, ad esempio, pensiamo che per porre in essere un vero grande
partito neomeridionalista, occorre, perlomeno, un decennio di umile e generoso
lavoro.
Con prudenza, passo dopo passo. Altri, pensano legittimamente che si
può fare più presto e altrettanto bene.
Noi abbiamo deciso di continuare il nostro cammino dando vita al nuovo soggetto politico denominato
“Meridionalisti Italiani”.
7- E’inevitabile, in questi casi, che insorgano malumori, polemiche,
sorde o esplicite, diplomatiche o astiose. Anche atti , più o meno fondati, di
appassionata stigmatizzazione.
Con inerziali accuse e contraccuse. Così è la vita. Ciascuno si assume
le proprie responsabilità, nello stile
che preferisce. Polemiche dalle quali volentieri ci asteniamo.
8- Conta, infine, la storia di ciascuno. Conta e conterà il cammino fatto e da fare.
Per il bene del Sud, dei meridionali e dell’Italia intera. Poi, per il
bene di tutti, chi ha più filo tesserà. Chi ha più talenti, pazienza e umiltà
seminerà. Per i figli.
Nel rileggere “ I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift, ciascuno, è
umano, può identificarsi- o identificare l’altro- in Gulliver o nei
Lillipuziani.
L’opzione è libera.
Soltanto i fatti contano e conteranno.
Grazie, buon lavoro a tutti e auguri.
Beppe De Santis, Segretario Nazionale dei “Meridionalisti Italiani”;
Alfonso Sciangula, Vicesegretario Nazionale vicario.
27 febbraio 2012, Rimini.
Prot. 1952/2012/264-messaggio
n.9
“GIU’ AL SUD” di Pino Aprile,un libro
straordinario,una miniera di idee e suggestioni per la costruzione di un
moderno meridionalismo
Il libro di Pino Aprile, “Giù al Sud.
Perchè i terroni salveranno l’Italia” è un libro straordinario, un capolavoro,
un super-libro.Tutti i meridionali e gli italiani, tutti i giovani, lo devono
leggere e meditare.Chi l’acquista fa un affare.19,50 euro di prezzo sono niente
rispetto al valore del libro.500 pagine eccezionali.
Ma, il punto è che UN libro ne
contiene DIECI.
Comprartelo.Farete un affare.Paghi
uno, prendi dieci.
Il libro contiene più libri, a
matrioska.
Primo libro.
“Terroni bis”.Il libro è l’aggressiva
continuazione, e lo sviluppo, di “Terroni”, dal successo fuor dal comune.
La riscossa dell’identità
meridionale.La storia ri-disvelata della colonizzazione del Sud. Colonizzazione
militare, politica, economica, mentale.La distruzione del paradigma della
MINORITA’ mentale e culturale meridionale.Pino procede a raggiera, a cerchi
concentrici, con veri colpi da fuoco d’artifico, nel distruggere i pregiudizi
razzisti antimeridionali.Si veda-ad esempio- il capitolo 38 sul terremoto di
Messina del 1908 e il successivo terremoto governativo sabaudo abbattutosi
sulla città martirizzata.
Secondo libro.
Diario di bordo di un grande
polemista.
Pino narra due anni di polemiche
furiose innescate dalla pubblicazione di “Terroni”.E rintuzza tutte le
aggressioni, una per una.Puntuale, pungente, ironico, scintillante in alcuni
tratti. Esilarante e feroce è il capitolo 12 contro il presuntuoso e sballato
libello del sociologo torinese Luca Ricolfi, il presunto “Saccheggio del Nord”,
nel quale il mirabile scienziato dimostra che la disoccupazione avvantaggia i
meridionali, perché il, TEMPO LIBERO E’ RICCHEZZA quantizzata e quantizzabile.
Cose da manicomio. Che dire dell’azzardato volume “Terrorismo”, di Marco
Demarco, saccente direttore del “Corriere del Mezzogiorno”? Un tentativo della
corazzata del “corriere della sera” di affondare l’umile barchetta di Pino
Aprile, risoltosi- per Demarco -in un fallimento e in un boomerang. Demarco ha
venduto -del librone pseudo -crociano- soltanto qualche centinaia di copie.In
questo brillante quadro polemico, Pino fa a pezzi tutti gli equivoci su veri o
presunti borbonismi e antiborbonismi, a proposito di “Terroni” e degli stessi
movimenti neomeridionalisti. Spiega Pino che lo stesso “ Terroni” è stato
scritto non per fare ulteriormente a pezzi l’Italia, ma per rifondarne l’Unità,
su fondamenti di verità e giustizia. Rimettendone al centro il grande cuore
meridiano.
Terzo libro.
Diario di bordo del viaggiatore
identitario.
Il diario del viaggiatore della rinascente
identità meridiana.
Centinaia di paesi, luoghi,
personaggi,associazioni, circoli, memorie, suggestioni, miti, nel lunghissimo
viaggio di presentazione di “Terroni” .nel Sud, nel centro-Nord, all’estero. Un
caleidoscopio di spunti vitali. Pino risulta insieme un esploratore, un
entomologo,un archeologo, un visionario lucido e concreto delle identità
meridiane passate, presenti e future. Alla ricerca e alla individuazione anche
del genius loci dei vari territori e comunità lunghe , che compongono il Sud.Le
città e le regioni nelle quali prevale la creatività artistica, ad esempio
Napoli;quelle dalla vocazione analitica
e polemica ( le Puglie);quelle dal carisma , dall’inventiva,e dal genio
politico connaturati ( la Sicilia).
Quarto libro.
Il libro delle nuove generazioni
meridionali.
Che non sono più meridionali. Ma, globali.
Globali-locali, se volete. Pino ne propone
almeno una diecina di esempi calzanti e affascinanti. Sono loro che salveranno
il Sud e il Nord, salveranno l’Italia. E’ questo il vero centro del libro. La
vera profezia narrata e comprovabile. Questa la tesi. Questa la sfida.
Quinto libro.
E’ il libro dei carismi del Sud.
Diversi e complementari. Esemplifico con i capitali 19,38 e 52 , che
riguardano più direttamente la Sicilia. La sua lunga storia autonomistica. La
sua tensione storica a diventare nazione. La rivisitazione finalmente onesta e
fiera del gigantesco e complesso
movimento rappresentato dal separatismo siciliano della fine degli anni 40 del
novecento.Il valore strategico dello Statuto autonomistico, utile , in
prospettiva a tutto il Sud , argomenta- con audacia e generosità- Pino Aprile.
La Sicilia laboratorio storico di innovazione politica. Su questi capitoli
tornerò presto.
Sesto libro.
E’ il libro della riforma
costituzionale dell’Italia del XXI secolo.
Pino propone una grande riforma
costituzionale dell’Italia. In particolare, nel già citato capitolo 19. In sintesi, si tratta di
estendere, in modo unificante,la potenza costituzionale contenuta nello Statuto
Speciale Siciliano. Per questa via, Pino giunge alle stesse straordinarie
conclusioni di Giorgio Ruffolo, contenute nel libro ,”Un Paese troppo
lungo”:unificare costituzionalmente le 8
Regioni del Sud, superare i difetti del regionalismo autoreferenziale e
sprecone,istituire un vero Parlamento del Sud, all’interno di una rifondata Repubblica federale d’Italia,
unita, coesa, solidale. E’ questa la parte geniale del libro di Pino. Vi
torneremo più volte nelle prossime settimane.
Settimo libro.
Un manuale di AUTODIFESA del Sud e
dei meridionali diffusi. Vi sono regole
e suggestioni di attacco e difesa , per tutti i gusti.
Potrei continuare, ad enucleare il
libro ottavo, nono, decimo..Mi fermo qui.Abbiamo recentemente dibattuto del
libro di Pino, con QUESTA IMPOSTAZIONE ALTA E STRATEGICA- rifuggendo ogni
cretinismo sudista, molto di moda, peraltro- nel meraviglioso Salone della
Capriate di Palazzo Steri, sede del rettorato, a Palermo, il 2 marzo 2012.Potete
scorrere i relativi video nel blog http://meridionalistiitaliani.blogspot.com/
.
Faremo una campagna, con questa
impostazione, in ogni angolo d’Italia. Sono già in calendario una cinquantina
di riunioni.
Buona lettura e buona
meditazione.Grazie Pino.
Beppe De Santis, Segretario nazionale
dei “Meridionalisti Italiani”,6 marzo 2012.
Prot. 1952/2012/265-messaggio
n.10
SI AGGRAVA LA CRISI AGRICOLA,SI
APPESANTISCE IL CARICO FISCALE,CONTINUANO LE LEGITTIME PROTESTE,NON SI
OTTENGONO I RISULTATI CONCRETI DELLA VERTENZA E DELLE LOTTE,RESTANO CONFUSI O
MANCANTI LE STRATEGIE VINCENTI,IL PROGETTO E LA PIATTAFORMA PER LA SALVEZZA
E LA RINASCITA DELL’AGRICOLTURA ITALIANA
E MERIDIONALE
Continuano, per fortuna,manifestazioni
e proteste degli agricoltori nel Sud e in tutta Italia. Da parte di
organizzazioni autonome e di quelle ufficiali storiche.
Il 9 marzo è prevista una
manifestazione nazionale a Roma.
Come è noto, gli antesignani di
questo ciclo di lotta sono stati i Pastori Sardi, da 10-15 anni sul campo di
battaglie.
Sono spuntate ,poi, diecine di sigle
autonome, un po’ in tutta Italia, con
caratteristiche anche molto peculiari e diversificate tra loro.
Nel Sud e in Sicilia, abbiamo visto –
e vediamo- all’opera, con alterna fortuna, dal 2009, tra gli altri, “Il Tavolo verde di
Puglia Basilicata”,“Altragricoltura”, i
CAS ( Comitati Autonomi Agricoltori Siciliani), Comitati in Rete, “Terra è
Vita”,in ultimo, i “Forconi” con gli autotrasportatori di Richici, la FIMA (
Federazione Italiana Movimenti Agricoli).
Frattanto, almeno dal 2009 al 2012,
la crisi agricola si è aggravata.
Recentemente, si è aggiunta la mazzata fiscale di Monti, in particolare
con l’IMU agricola (da 1,3 a
1,5 miliardi di euro di aggravio fiscale), l’una tantum di circa 2-3 MLD per
l’accatastamento dei fabbricati rurali, insomma 4-5 mld in più rispetto
alla vecchia ICI. Piove sul bagnato.
La settimana scorsa, il Parlamento
Europeo ha approvato una normativa a favore della piena libertà di esportazione
dei prodotti agricoli marocchini in Italia e in UE. Ad una mazzata, segue
un’altra mazzata.
Insomma, aumentano le lotte, ma
,aumentano contestualmente i disastri,le mazzate,i risultati negativi. Ecco, il
punto. Ecco, la contraddizione sbalorditiva.
Bisogna interrogarsi su questa
contraddizione. E tentare di risolverla.
Gli agricoltori, le associazioni, i
movimenti, per resistere e vincere, HANNO ASSOLUTO BISOGNO DI OTTENERE
RISULTATI CONCRETI.
La lotta per la lotta,sacrosanta,
purtroppo, prima o poi mostrerà la corda. Se mancheranno sempre i RISULTATI
CONCRETI.
Anzi, più precisamente occorrerebbe
ottenere risultati di tre tipi:risultati immediati, sia pure limitati;risultati
intermedi, nei tempi e nella consistenza; risultati strutturali e
strategici, di sistema.
Altrimenti, un conflitto sociale, pur
legittimo e prezioso, è destinato alla dispersione.
Allora, il problema preliminare da
ponderare è LA PORTATA DELLA VERTENZA,
la portata della partita.
Ebbene, quella della crisi
agricola/civiltà agricola- e della relativa vertenza- è, per usare una metafora
calcistica,un CAMPIONATO MONDIALE, non un torneuccio da oratorio.
Bisogna essere attrezzati, dunque, ad un campionato
mondiale:le mutazioni in- dotte dalla globalizzazione sull’agricoltura,il dominio della finanza
globale speculativa anche sull’agricoltura,la liberalizzazione legale illegale e anche criminale dei mercati
mondiali agricoli e agro-alimentari,la pervasività delle agromafie in tutta la
filiera, qualità e sicurezza dei prodotti,il nesso tra agricoltura qualità
della vita, territorio e ambiente.
Quella dell’agricoltura e della
civiltà agricola non è una crisi settoriale, congiunturale, ma, una CRISI DI
SISTEMA, storica.
Per essere fronteggiata ha bisogno di
una RISPOSTA DI SISTEMA.
Occorre dotarsi di un’analisi
all’altezza della sfida, di una teoria adeguata, di una visione adatta, di una
strategia potente, di un progetto all’altezza dello scontro,di una piattaforma
precisa e robusta, coerente.
Occorre dotarsi, quindi, di una
SOGGETTIVITA’ culturale, tecnica, sindacale, civile, politica e istituzionale
all’altezza della sfida.
Costruire una rete potente di
alleanze culturali, tecniche , politiche e istituzionali, per farcela.
Sul tempo immediato, sul medio
termine, sul lungo termine.
Gli agricoltori, le associazioni
tradizionali, i nuovi movimenti agricoli dispongono, oggi, di tale strategia, programma, progetto,
piattaforma? No.
Dispongono di una potenza soggettiva
all’altezza dello scontro? No.
Dispongono della rete delle alleanze
adeguata? No.
Gli agricoltori dispongono oggi della
tragedia della crisi agricola, dei debiti, del massacro fiscale e
previdenziale, di tanta rabbia, di dolore, di voglia a volte eroica di battersi, di capacità di lottare.
Ma, così e da soli, non possono
farcela.
E’ l’intero sistema che si deve far
carico della crisi agricola. Se lo può e vuole fare.
Altrimenti saranno guai e dolori.
Ciascuno deve poter fare, nella
propria autonomia, la propria parte, se vuole e se può.
Per parte nostra, abbiamo , negli
anni seguito con rispetto e
responsabilità la parabola della crisi agricola e delle proteste.
Abbiamo rispettato e rispetteremo
sempre l’AUTONOMIA dei singoli gruppi e movimenti.
Il problema non è cosa fa o non fa questa o quella associazione, o questo o quel movimento.
Il problema è cosa fa ciascuno di noi
,come singolo e come responsabile di qualcosa: a livello internazionale L’Organizzazione del Commercio
Mondiale, la Banca mondiale, il Fondo
Monetario Internazionale, le varie strutture di governance della cattiva
globalizzazione in corso; a livello europeo, le varie istituzioni della UE; a
livello nazionale, l’intero circuito istituzionale, politico, amministrativo,
sindacale e culturale. Così, a livello regionale e locale.
Noi faremo, con umiltà e rigore, la
nostra parte. NEL RISPETTO DELL’AUTONOMIA RECIPROCA DEI RUOLI.
A partire da questa prima nota generale,nei prossimi giorni e settimane,
avremo modo di comunicare idee e progetti, di proporre e promuovere iniziative
che riterremo utili, di agire i raccordi e le alleanze giuste.
Beppe De Santis, Segretario nazionale
dei “Meridionalisti Italiani”,7 marzo 2012.
Messaggio n. 11 di Beppe De
Santis,Segretario nazionale di “ Meridionalisti Italiani”
DUE PROPOSTE STRATEGICHE DI PINO APRILE PER IL RINASCIMENTO DEL SUD :
RIAPPROPRIARSI DELLE RISORSE ENERGETICHE ED ESTENDERE LO STATUTO
AUTONOMISTICO SICILIANO A TUTTO IL SUD
Vi propongo un paio di brani estratti dal
Capitolo 19 del libro di Pino Aprile , “Giù al Sud”.
Primo:il Sud deve riappropriarsi delle
proprie risorse energetiche.
Secondo: occorre estendere le prerogative
costituzionali dello Statuto Speciale Siciliano a tutto il Sud.
Lezione: le 8 Regioni del Sud o si salvano
insieme e periscono una dopo l’altra insieme.
Occorre unificare il Sud.
Occorre costruire una rappresentanza
politica unitaria del Sud e dei meridionali, liberando i diversi carismi dei
diversi territori del Sud.
I napoletani, e campani, da soli, non vanno
da nessuna parte.
I siciliani ,da soli, non vanno da nessuna
parte.
Così, i sardi, i lucani , i calabresi,i
pugliesi,i molisani, gli abruzzesi.
Determinante è l’alleanza tra la Sicilia e le
altre 7 regioni del Sud.
Il Sud , senza la Sicilia , non va da
nessuna parte.
E viceversa.
Alcuni brani estratti da “ Giù al Sud” di
Pino Aprile, dallo straordinario capitolo 19 ( pagg. 149-172)
“FUCILI PARLATI, FUCILI SPARATI
La
Lega minaccia la secessione; la Sicilia può farla. Se ne accorge Franco Bechis,
vicedirettore di «Libero»: scopre che se l’isola se ne va per i fatti suoi,
l’Italia scende dall’automobile e va a piedi. Ogni sparata di Bossi sull’uso
delle armi riempie giornali e telegiornali e si dimentica che se lui fa “pum!”
con la bocca, i siciliani, per l’autonomia, spararono davvero, crearono un
esercito di volontari, attaccarono le caserme dei carabinieri, tesero agguati
ai militari, sostennero una battaglia campale. Il totale dei morti (ci furono
carabinieri fatti prigionieri e fucilati; almeno un rivoltoso sarebbe perito
sotto tortura) forse resterà ignoto: fra cento e duecento.
[...]. Pochi lo
sanno, ma la Sicilia ha in mano le chiavi dell’auto italiana. Lì si raffina il
40 per cento della benzina e del gasolio utilizzati nel continente. Non solo:
Lombardo (primo presidente autonomista della Regione Siciliana; N.d.A.)
è in grado di spegnere luce, gas e riscaldamento in buona parte d’Italia. Un
po’ perché lui produce energia in sovrabbondanza e il 12 per cento lo gira alle
altre Regioni. Ma soprattutto perché in Sicilia transita il più grande metanodotto
marino italiano che trasporta 25 miliardi di metri cubi di gas e passa di lì
pure il gasdotto libico che attualmente è chiuso per guerra» ( Bechis).
Questa situazione non è solo
siciliana, perché la Puglia, per dire, produce più del doppio dell’energia che
consuma (ma, come non bastasse, vorrebbero regalarle pure una centrale
nucleare nella più bella zona umida della regione, Torre Guaceto); e la Lucania
ha i più grandi giacimenti petroliferi non sottomarini d’Europa. Ricchezza che
passa sulla testa delle regioni in cui è prodotta e va quasi totalmente a
beneficio altrui. Ma mentre la Sicilia può bloccare l’esproprio (tale è, poche
chiacchiere) delle sue risorse, le altre regioni del Sud no, perché non hanno i
poteri che lo statuto speciale riconosce all’isola. Ma cos’accadrebbe in
Lucania, in Puglia (dove si scoprirono, negli anni Sessanta, i più vasti
giacimenti di gas d’Europa, nel Subappennino Dauno, quaranta miliardi di metri
cubi, trasferito al Nord, senza alcun vantaggio alla popolazione locale), cosa
accadrebbe se vedessero la Sicilia gestire in proprio quello che loro sono
costretti a cedere per niente (o quasi, nel caso del petrolio lucano; e del gas
calabrese nelle acque di Crotone)?
A norma di legge, la Calabria con il suo gas, la Lucania con il suo
petrolio, la Puglia con il gas e il petrolio adriatico e via espandendo,
potrebbero chiedere di aggregarsi, previo referendum, alla Sicilia (com’è
accaduto con alcuni ricchi comuni veneti, desiderosi di diventare trentini,
per essere ancora più ricchi). In tal modo, le norme dello statuto che
tutelano la Sicilia si allargherebbero come un ombrello, su tutto il Sud; la cui
ricchezza smetterebbe di migrare al Nord, in cambio di insulti.
Ma l’elenco dei danni, se la Sicilia si
staccasse, è ancora più lungo, ché «se uscendo dalle pastoie legali e burocratiche
che finora li hanno fermati, venissero realizzati i due rigassificatori
previsti a Porto Empedocle e a Priolo,» continua Bechis «quasi la metà del
metano consumato in Italia verrebbe dalla Sicilia. Insomma, prima di chiudere
i ponti con una regione così, l’Italia dovrebbe pensarci su due volte.
Lombardo ieri ha spiegato che se
facesse la secessione, riscuoterebbe lui in loco quelle accise sui prodotti
energetici che attualmente finiscono nelle casse del Tesoro italiano. È vero. E
si tratta di dieci miliardi di euro all’anno. Una somma che compenserebbe
ampiamente quel che la Sicilia verrebbe a perdere staccandosi dal resto
d’Italia.»
… Seguiamo Bechis: alla Sicilia, «nel bilancio provvisorio per il 2011
approvato in attesa della legge
finanziaria sono previsti trasferimenti da parte dello Stato centrale per meno di
3 miliardi di euro, in gran parte legati alla spesa sanitaria. In quella somma
non sono considerati però altri costi del governo centrale, che paga con fondi
suoi buona parte del sistema di istruzione siciliano, così come l’ordine
pubblico e la giustizia. Secondo uno studio (contestato dai siciliani) della
Cgia di Mestre che ha diviso per abitante la spesa pubblica regionalizzata
censita dalla Ragioneria generale dello Stato, ogni siciliano costa al resto di
Italia 550 euro per la sanità, 681 euro per l’istruzione e 130 euro per ordine
pubblico e giustizia. Ma anche mettendo insieme tutte queste voci, la bilancia
penderebbe dalla parte dell’isola: dieci miliardi di euro di accise in entrata
e 6 miliardi di euro di trasferimenti statali per sanità, istruzione e ordine
pubblico a cui rinunciare. Ne avanzerebbero quattro, e sono ragione più che
valida per non prendere sottogamba le parole di Lombardo».
…E la
Sicilia ha solo da guadagnare. Almeno finché si parla di soldi. Bechis non ha
bisogno di spingere oltre il discorso, per dimostrare quanto dice. Ma conviene
fare un passo ancora in quella direzione: con tali sopravanzi, la Sicilia
potrebbe finanziarsi l’espansione industriale, producendo merci che farebbero
concorrenza a quelle del Nord in loco (dove arriverebbero sui mercati a
chilometri zero e non dopo 1.200 e più) e altrove, facendo fruttare la posizione
centrale nel Mediterraneo; in più, come altri Paesi ex colonie, quale l’India,
potrebbe puntare sulla più recente tecnologia informatica, lasciando al Nord
quella del secolo scorso, su cui ancora insiste (auto, frigoriferi...): il
necessario, la Sicilia ce l’ha in casa, perché alle porte di Catania c’è il
più grande centro di ricerca informatica d’Italia.”
11-Beppe De Santis sulla
Grecia:accordo con i creditori privati, recessione galoppante, fallimento
soltanto rinviato
I creditori privati della Grecia
hanno accettato di rinunciare a metà dei loro crediti.
L’ Unione Europea presterà alla Grecia i 130 Miliardi di euro promessi.
L’equilibrio dei mercati finanziari
– di rapina- è salvo, per qualche tempo.
La recessione greca si fa
galoppante: disoccupazione e povertà per la gran parte del popolo greco.
Il destino della Grecia coinvolge e
coinvolgerà il Portogallo, l’Irlanda.
Poi, la Spagna, l’Italia e altri Paesi e territori.
La strategia cosiddetta di
“risanamento” , imposta dall’establishment politico-finanziario europeo e
mondiale, è errata, destabilizzate e letale.
Questa strategia distrugge ricchezza,
diritti, democrazia e sovranità statale e monetaria.
Questa strategia è l’espressione del
comando della finanza globale
speculativa. Comunque, subalterna al comando della finanza globale
speculativa.
Occorre rovesciare, e distruggere
questo paradigma, questo dominio. Al più presto.
Riconquistare la sovranità
monetaria, statale e democratica.
Secondo l’impostazione neokeynesiana
promossa dalla Modern Money Theory,di cui al recente summit di Rimini del 24-26
febbraio 2012.
Della quale , noi ,“Meridionalisti
Italiani”, siamo convinti, attivi e primari sostenitori e promotori.
Tornando alle vicende di queste ore,
che coinvolgono la Grecia,può essere utile leggere il seguente articolo
dell’economista Mario Deaglio.
Pur all’interno del solito schema
neoliberista, subalterno al comando della finanza globale speculativa, Deaglio
pone in onesta evidenza il carattere non risolutivo e contraddittorio delle
attuali politiche dell’establishment politico-finanziario.
Leggete.
La
Stampa di venerdì 9 marzo 2012
Condannati alla povertà
di
Deaglio Mario
Alla fine la finanza ce l'ha fatta.
Alle otto di ieri sera, ora italiana, è arrivato l'annuncio ufficiale: i
possessori privati di debito greco hanno detto sì alla proposta di accettare la
perdita di oltre metà del loro denaro.
E’ stato così rinviato alle calende
greche il rimborso del resto e i creditori si sono accontentati, per questo
lungo periodo, di un tasso di interesse molto basso. Siccome l'adesione è stata
volontaria - anche se certo non spontanea, viste le pressioni sui fondi e sulle
banche che detenevano grandi quantità di titoli greci - la Grecia non è in
fallimento; la valanga dei rimborsi sui Cds, i titoli-scommessa sul fallimento
di Atene, ben più temibili del debito stesso, stimati in 1000-1500 miliardi di
euro non si abbatterà quindi sulla finanza mondiale. A causa di questa valanga,
alcuni grandi della finanza internazionale avrebbero potuto soccombere, ancora
più facilmente della Grecia. L'equilibrio di fondo della finanza globale appare
comunque salvo, per il momento; la testardaggine del cancelliere tedesco,
temperata dai suoi partner italiani e francesi, consente ora a tutti di tirare
un sospiro di sollievo.
L'indice Dow Jones - leggendario
termometro dei capitalismo finanziario - può riprendere la marcia verso quota
13 mila, superata di un soffio prima di ricadere nei giorni scorsi, proprio per
il pericolo di un cedimento dell'euro.
In questa situazione l'Italia
incassa un bonus particolare: l'ormai famoso «spread», ossia la distanza tra i
bassi rendimenti dei titoli decennali emessi dallo Stato tedesco e gli
equivalenti emessi dallo Stato italiano, è sceso sotto il livello del 3 per
cento. Siamo di nuovo un Paese rispettabile e l'estero non sembra dare gran
peso al cicaleccio politico esploso improvvisamente due giorni fa,
considerando- lo normale amministrazione. II che significa che lo Stato
spenderà meno per ottenere il rifinanziamento dei debiti in scadenza nelle
prossime settimane (e sperabilmente nel resto dell'anno).
E gli spagnoli, nostri «cattivi»
cugini, che hanno apertamente sfidato l'Europa annunciando che nel 2012 non
rispetteranno l'obiettivo di deficit a loro assegnato, hanno avuto la
«punizione» che si meritano: per la prima volta da molti mesi il loro «spread»
è (un po') più alto del nostro. Le distanze sono ristabilite, le normali
gerarchie sono rispettate.
Di fronte a questo complicato e
fragile ritorno alla normalità occorre evitare manifestazioni premature di
giubilo.
E questo per tre motivi.
Il primo è che quello che abbiamo
fatto alla Grecia trascende i confini dell'economia: premesso che i Greci sono
stati dei grandi mentitori (ma l'Europa finanziaria per anni ha voluto credere
alle loro menzogne senza darsi la pena di indagare) va denunciato che il resto
d'Europa li sta trattando, per certi aspetti, peggio di come gli alleati della
seconda guerra mondiale trattarono la Germania sconfitta. L'accordo che mette
al riparo l'euro, condanna infatti la Grecia: tra il 2009 e il 2011 il prodotto
lordo greco ha già subito una caduta del 10 per cento e scenderà ancora
(secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale) almeno del 2 per
cento nel 2012. La disoccupazione è raddoppiata, le retribuzioni dei pubblici
dipendenti sono state decurtate del 20 per cento.
A fronte di questi enormi sacrifici,
la Grecia non ha alcuna certezza che la cura funzioni. Può anzi trasformarsi in
una trappola crudele: le imposte pagate da un'economia che si contrae in questa
maniera si contraggono fortemente anch'esse e il sospirato pareggio di bilancio
che sembra a portata di mano sfugge quando si crede di averlo afferrato. E' già
successo con il primo tentativo di salvataggio della Grecia, potrebbe succedere
di nuovo. Impedendole di dichiarare ufficialmente il fallimento, l'Europa
sta costringendo la Grecia a dissanguarsi goccia a goccia senza una chiara
possibilità di ripresa.
A questa tortura un giornale di
Vienna ha dato il nome appropriato di «genocidio finanziario»: stiamo
condannando quel Paese ad almeno 15 anni di relativa povertà.
Dalla parte dell'Unione Europea non
tutto è tranquillo. Il presidente della Banca Centrale Europea (Bce) ha potuto
ieri suonare il «cessato allarme» per l'euro e rallegrarsi pubblicamente per il
superamento dell'ostacolo e il successo delle due recenti operazioni di
finanziamento a tre anni, per complessivi mille miliardi di euro, che hanno
fornito all'economia europea almeno una parte dell'ossigeno necessario per
sopravvivere. La stessa Bce ha però ancora una volta tagliato le stime della
crescita europea che ora oscilla tra -0,5 e 0,3 per cento, il che significa
stagnazione. L'inflazione è prevista tra il 2,1 e il 2,7 per cento, in
significativo aumento rispetto all'1,5-2,5 per cento di dicembre, soprattutto
per l'aumento del prezzo del petrolio. Non è proprio un buon segnale.
Lo stesso Draghi, inoltre, ha dovuto
difendersi dalle critiche dei «falchi» della Bundesbank, arrivate ai giornali
grazie a un'insolita indiscrezione tedesca: dietro l'unità di facciata dei
banchieri europei vi sono differenze profonde e molta incertezza. In questa
prospettiva si colloca l'incerta situazione italiana; il rallegramento per i
risultati raggiunti negli ultimi quattro mesi non deve far dimenticare che la
strada che il Paese deve percorrere è lunghissima. Abbiamo scalato una collinetta,
appena una piccola asperità che fa da anticima alla montagna del nostro debito,
accumulato in una generazione. Stiamo andando di buon passo, ma la strada
davanti a noi è ancora davvero molta.
Prot. 1952/2012/14
I 10 PUNTI DEL PROGETTO DEI “ MERIDIONALISTI ITALIANI”
BATTERE LA FINANZA
GLOBALE SPECULATIVA
1-LOTTA CONTRO IL
DOMINIO DELLA FINANZA GLOBALE SPECULATIVA, secondo la nota su “La strategia generale del neomeridionalismo
nell’epoca della finanza globale” ,battendosi sugli 8 punti ivi delineati (
messaggio di Beppe De Santis n. 3 del 29 febbraio 2012).
SOVRANITA’
MONETARIA, STATALE E DEMOCRATICA
2-“Stati Uniti
d’Europa” subito, con conseguente ripristino delle tre sovranità statale, democratica
e monetaria a livello europeo,o,ripristino – per legittima difesa -della
sovranità nazionale d’Italia, con il ripristino della sovranità statale, della
sovranità democratica e della sovranità monetaria attraverso il ritorno alla
valuta nazionale, secondo l’approccio neokeynesiano della Modern Money Theory.
NEOMERIDIONALISMO
3-Incardinamento del
progetto neomeridionalista all’interno della strategia globale dei due punti
precedenti, promuovendo congiuntamente i 5 cardini del neomeridionalismo:coscienza
storico-identitaria ( Pino Aprile) del Sud e dei meridionali, autonomia
culturale, autonomia politica, autonomia costituzionale ( progetto Ruffolo),
autonoma propulsione economico-sociale del Sud, secondo il Manifesto del
neomeridionalismo del 2010 approvato negli Stati Generali dl Sud di Palermo (
13-14 novembre 2010).
SVILUPPO
sostenibile di qualità
4-Movimento per lo
sviluppo locale-globale sostenibile,valorizzando e promuovendo tutte le forme
di distrettualizzazione economica efficace e di sviluppo comprensoriale;
valorizzazione delle risorse locali, in particolare, tradizionali e di
qualità;a partire, dalla promozione dei turismi di qualità, dei prodotti
agricoli e agroalimentari locali, del paesaggio e dell’ambiente, della
cultura,delle identità locali-globali, del PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE;
manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio del Sud e del
Centro-Nord.
DEMOCRAZIA
5-Rpristino della
democrazia in Italia, a partire dalla eliminazione dell’attuale obbrobriosa
legge elettorale dei “ nominati”, e, attivazione di tutte le forme efficaci e
moderne di DEMOCRAZIA PARTECIPATA.
DECENTRAMENTO E
AUTONOMIA
6-Massimo
decentramento ,e, autonomia istituzionale e amministrativa,attivando i Consorzi
o comprensori intercomunali, smantellando le Province, decentrando poteri e
risorse statali e regionali ,a favore dei comuni e delle loro aggregazioni comprensoriali.
LEGALITA’
7-Ripristino della
LEGALITA’ REPUBBLICANA costituzionale ,
a tutti i livelli; ripristino della legalità democratica. E, poiché la legalità
repubblicana si regge sulla democrazia, e la democrazia si regge sulla buona
politica e sull’esistenza di partiti democratici e popolari, una delle priorità
strategiche consiste nella costruzione di nuovi partiti popolari e democratici,
contro il modello dei cosiddetti partiti liquidi di opinione ( oligarchie) e
dei partiti populisti e personalistici , che pullulano in Italia, a destra , al
centro, a sinistra.
CULTURA
8-Investire nella cultura , in scuola , formazione,
università, ricerca e innovazione, cioè sul capitale umano e sociale. Investire
nei talenti. Nel merito. La cultura è l’unica risorsa che può salvare l’Italia
e il Sud.
NUOVE GENERAZIONI
9-Rimetter al centro
della vita e del destino dell’Italia e del Sud le nuove generazioni maschili e
femminili. Senza la mobilitazione della naturale forza biologica del
Paese, non si va da nessuna parte. Oggi, quasi due intere generazioni sono
fuori partita. Un orrore.
GRANDE
MEDITERRANEO
10-La naturale area
di agibilità geoeconomica e geopolitica del Sud e dell’Italia è rappresentata
dal Mediterraneo.
Mediterraneo inteso
in senso ampio:Paesi europei meridionali,Balcani,Medio Oriente, Turchia,Paesi
arabi, Africa. IL NOSTRO DESTINO E’ IL GRANDE MEDITERRANEO.
Beppe De Santis, Segretario nazionale dei “Meridionalisti Italiani”
9 marzo 2012
Beppe De Santis sulla lettera di Giuliano Amato,
Romano Prodi e altri per la costruzione dell’Unione Europea politica-Messaggio
n. 14 del 10 3 2012
Cari amici, leggete
attentamente la lettera , rivolta ai capi di governo della Germania e dell’Italia
e all’intera leadership europea,pubblicata dal “Corriere della Sera” del 10
marzo 2012.
La lettera è di
autori autorevoli:ex premier ( Amato, Prodi), ex presidenti della Commissione
Europea ( Prodi),intellettuali e
giornalisti di fama internazionale,euro-parlamentari famosi e brillanti
euro-burocrati.
La lettera dice, in
sostanza , tre cose:
1-L’operazione di
risanamento e salvataggio finanziario- economico in corso in Europa, fino al
cosiddetto FISCAL COMPACT, è positiva,
ma NON BASTA;
2-Tale operazione va
approvata tempestivamente e in pompa magna;
3-Tutto questo non
basta. Bisogna FARE L’EUROPA POLITICA: “Unione politica con un governo
federale”, Dichiarazione di INTERDIPENDENZA dell’Unione Europea,approvare un
nuovo Trattato dopo quello insufficiente di Lisbona,promozione di una
CONVENZIONE COSTITUENTE dell’Europa:l’intera
opera è da svolgersi tra le elezioni europee del 2014 e la fase immediatamente successiva.
Insomma, a mio umile
parere,le classi dirigenti europee e italiane sono con la canna di gas in gola.
Stritolati dentro una
contraddizione devastante.
Da una
parte,sostengono la politica di DOMINIO DELLA FINANZA GLOBALE SPECULATIVA sul
mondo.
Dall’altra parte, si
rendono conto che così non si può andare
avanti.
Allora , intuiscono
che bisognerebbe costruire gli STATI UNITI DI EUROPA, con il ripristino delle
tre sovranità statale, democratica e monetaria.
Ma, alla fine, non
sono in grado di formulare con forza, precisione e coraggio l’obiettivo, pur
oscuramente percepito.
Soprattutto, non
sono in grado di realizzarlo quell’obiettivo.
Restano gli auspici
confusi e le lettere dei desideri.
E’ il tempo del
nostro progetto e della nostra iniziativa.
Il progetto economico
dibattuto nel summit di Rimini dell’MMT.
Il progetto politico
dei “Meridionalisti Italiani”, approvato al congresso di fondazione di Rimini
del 27 febbraio 2012, sintetizzato nei precedenti 12 messaggi pubblicati nel
blog
Procediamo al
ripristino della sovranità dello Stato italiano, al ripristino della sovranità
popolare democratica, al ripristino della nostra sovranità monetaria.
Al ritorno, per
autodifesa, alla valuta nazionale.
Corriere della
sera 10 marzo 2012, pag. 60
Un’iniziativa di Italia e Germania per un sì veloce
all’accordo europeo
Un nuovo passo in
direzione della governance economica
europea è stato compiuto con la firma
del cosiddetto fiscal compact con un rafforzamento di ciò che era stato
fatto negli scorsi mesi dalle istituzioni europee con il Six Pack e il Patto
Euro Plus. La decisione finale è ora nelle mani dei parlamenti nazionali non
solo per la ratifica del nuovo Trattato, ma anche per rispettare il dovere
della cooperazione leale nel
raggiungimento dell’obiettivo della stabilità finanziaria nel quadro e in conformità al primato del diritto
dell’Unione.
Ma ciò non è
certamente sufficiente.
Politiche per la
crescita sostenibile dovranno essere
adottate per accompagnare l’austerità e la disciplina di bilancio. In questo
quadro, dovranno essere rimosse le
restrizioni e gli ostacoli per la libera
circolazione e la concorrenza,rinunciando alla tentazione di forme di
autodifesa protezionista. La lista di queste restrizioni e di questi ostacoli è molto ben conosciuta
.Per rimuoverla la Commissione ha
presentato da tempo proposte legislative
specifiche che giacciono davanti al Consiglio e al Parlamento europeo.
Al fine di superare la crisi di fiducia
e per offrire ai cittadini dell’Unione una nuova prospettiva europea
creando uno spazio pubblico di democrazia
e di solidarietà fondato sul principio federale dell’interdipendenza,
noi proponiamo;
-Che i Parlamenti
tedesco e italiano adottino una corsia preferenziale per ratificare nello stesso
giorno e prima del Consiglio europeo del
28-29 giugno il cosiddetto fiscal compact, accompagnando la legge di ratifica
con l’approvazione di una comune dichiarazione politica per un nuovo passo in
avanti verso una forte Unione
politica con un governo federale,
ispirandosi ad Alcide De Gasperi,Altiero Spinelli,Konrad Adenauer e Walter
Hallstein e proponendo un metodo e un’agenda per realizzarla.
-Che un’avanguardia
di Paesi membri dell’Unione europea sottoponga
al prossimo Consiglio europeo una Dichiarazione di interdipendenza dell’Unione europea
aprendo la strada ad un ampio dibattito sul futuro dell’Europa in vista della riforma del
Trattato di Lisbona.
Quattro anni dopo la
sua firma , le debolezze del Trattato di Lisbona –chiaramente inadeguato per
far fronte alla inaspettata crisi internazionale- sono evidenti così come lo sono i costi della
non-Europa.
L’ampio dibattito
deve in primo luogo chiarire la capacità
di agire dell’Unione in settori come lo
sviluppo sostenibile,la politica energetica,l’immigrazione, la dimensione
sociale con particolare riferimento alla
disoccupazione giovanile e alla lotta
alla povertà,la politica industriale,la cooperazione giudiziaria in campo
penale,la politica estera e di sicurezza. In secondo luogo,l’eventuale
trasferimento di competenze dagli Stati membri dell’Unione dovrebbe essere
sostenuto dal trasferimento contemporaneo di risorse finanziarie e di spese ad un bilancio federale. In terzo
e ultimo luogo,si dovranno fare scelte di natura costituzionale per garantire
un processo di decisione politica, economica e fiscale allo stesso livello rafforzando la democrazia
europea e l’efficacia del sistema istituzionale dell’Unione.
Noi proponiamo:
-che i capi di Stato
e di Governo dell’Unione europea partecipino alla seduta plenaria del
Parlamento europeo del 10 settembre 2012 celebrando il sessantesimo
anniversario della prima Assemblea europea e chiedendo al Parlamento europeo di
elaborare un rapporto sulla riforma
del Trattato di Lisbona approvandolo
in tempo utile prima delle elezioni europee del 2014.
-Che , sulla base di
questo rapporto dei risultati dei dibattiti nei Paesi membri, una Convenzione
costituente sia convocato dopo le elezioni europee ma prima della fine del
2014.
-Che la componente
parlamentare della Convenzione
costituente sia formata seguendo
la stessa distribuzione dei seggi nel Parlamento europeo e che la decisione
finale all’interno di questa componente
sia presa a maggioranza qualificata.
-Che una clausola di integrazione
differenziata sia scritta nel nuovo
Trattato dando tempo sufficiente ai
Paesi recalcitranti o di unirsi ai Paesi decisi ad andare avanti o di recedere
dall’Unione usando il diritto previsto
dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona.
Fra poco più di due
anni, mezzo miliardo di cittadine e di cittadini andranno a votare per
rinnovare il Parlamento europeo .Restituiamo loro il sogno di una società europea solidale, giusta e democratica.
Appello firmato da
Giuliano Amato,Ulrich
Beck,Emma Bonino, Elmar Brok,Rocco Cangelosi, Daniel Cohn-Bendit, Pier Virgilio
Dastoli,Henrik Enderlein,Enrico Fava, Monica Frassoni, Franco Frattini,Thomas
Jansen,Karl Lamers,Jo Leinen, Giacomo Marramao, Luisa Passerini,Ingolf Pernice,
Hans-Gert Poettering,Romano prodi,Alberto Quadrio Curzio,Guido Rossi,Wilhelm
Heinrich Schonfelder, Barbara Spinelli, Dieter Spori, Rainer Wieland.
N.15
UNA ARTICOLO BELLISSIMO SI SALVO FALLICA SUL GRANDE
CAMILLERI
Beppe De Santis,
Segretario nazionale dei “ Meridionalisti Italiani”
11 marzo 2012
Si può dire di tutto
e il contrario di tutto sul maestro Camilleri. Camilleri è Camilleri, Sciascia è
Sciascia. Ma,Camilleri è letto e stimato da milioni di cittadini. La
sua passione civile e democratica è straordinaria.
Indubbio è il suo
contributo alla rivoluzione culturale e civile della Sicilia, del Sud e
dell’intero Paese.
A suo modo, Camilleri
è uno straordinario neomeridionalista.
L’artigiano della letteratura
di Salvo Fallica Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2012
«Il segreto del
successo letterario? Francamente non lo conosco, e lascio volentieri ai critici
e agli studiosi questo argomento». Andrea Camilleri si diverte a rispondere in
questo modo alla classica domanda sulla quale si arrovella una parte del mondo
giornalistico, accademico e intellettuale: qual è la vera causa di un successo
narrativo e culturale senza precedenti nella storia italiana? La questione non
è affatto semplice, il fenomeno Camilleri non riguarda solo la letteratura, ma
anche la tv, il teatro, i nuovi media, insomma è una realtà multimediale. Un
italiano di 86 anni, che giunge dalla grande tradizione verghiana-pirandelliana-brancatiana,
è diventato un protagonista letterario e mediatico dell'era contemporanea. Al
di là di come la si pensi sul suo stile, anche chi lo avversa non può fare a
meno di riconoscere che il suo è un successo di grandi proporzioni, che non ha confronti
nel quadro della storia narrativa del Novecento italiano. Uno scrittore
talmente popolare che un protagonista del mondo dello spettacolo quale
Fiorello, lo imita, e la sua performance diventa un evento, decisamente cult.
Camilleri va capito
anche come fenomeno sociale, attraverso lo scrittore di Porto Empedocle si
possono leggere anche gusti e interessi cultural-sociali di una parte degli
italiani. Camilleri non ama darsi delle arie, il suo rapporto con la
letteratura è pieno di passione ma scevro dall'aura di sacralità. Si ritiene un
artigiano della letteratura, anche se in realtà è un artista che ama farsi
capire dal popolo. Il vero primo motivo del suo successo, che vale per tutti i
campi nei quali si è misurato e continua a misurarsi, è che Camilleri ama
raccontare delle storie. E lo fa con la passione del cantastorie. È un grande
affabulatore, e il suo obiettivo è quello di affascinare il
lettore-ascoltatore. Così come per i cantastorie della grande tradizione
siculo-italica, non vi è racconto, non vi è "cunto", se non vi sono
persone che stanno ad ascoltare.
Così, nel tempo,
Camilleri ha costruito il suo pubblico, in una "piazza" che è quella
della letteratura, della tv, del teatro. Camilleri ha anche il dono di
raccontare le storie con una ironia intelligente e vivace, che conferisce
dinamismo alle storie. Non è una fusione a freddo la sua costruzione
letteraria, ha una anima, data dal suo compenetrarsi con la storia raccontata.
Nel suo narrare vi è una voglia di comunicare, al centro della sua opera vi è
democraticamente il lettore.
Il punto è che tutto
questo non gli basta. Da raccontatore di storie, da uomo di teatro, vuol
affascinare il suo lettore-ascoltatore, lo vuol far riflettere facendolo
divertire. Sta qui il nodo dei suoi obiettivi programmatici, che non ha bisogno
di esporre in una articolata poetica, perché fanno parte della sua storia,
della sua visione culturale, delle sue esperienze professionali, della sua
antropologia. Il suo sperimentalismo è una parte della sua essenza vitale.
Scrivere solo di Montalbano lo annoia, confrontarsi con altri generi letterari
lo gratifica, gli conferisce energia intellettuale. Del resto perché un uomo a
86 anni dovrebbe fermarsi, perché non dovrebbe sperimentare ancora? La sua pluralità
di espressione culturale è uno sperimentare la vita, con la fantasia
letteraria, con la fluidità della scrittura, con l'amore per la pagina scritta.
Nell'ironia camilleriana vi è la chiave di lettura della sua opera
cultural-letteraria, è lo strumento di interpretazione della realtà, vi è la
concezione filosofica con la quale capire e comprendere con disincanto il mondo
che ci circonda. È alla ricerca della verità, senza alcun dogmatismo.
Ma tralasciando
l'epistemologia, la sua bussola etica è forte, e non a caso il suo credere nei
valori morali della democrazia, del l'onestà, della cultura delle regole, lo ha
fatto diventare un paladino
della battaglia etica
e di legalità di Confindustria Sicilia. Alle scaturigini del rinascimento
etico-culturale lanciato da Antonello Montante e Ivan Lo Bello, e sostenuto con
vigore dal presidente Emma Marcegaglia, vi è anche l'ispirazione camilleriana.
Oggi, probabilmente, anche Leonardo Sciascia concorderebbe con Camilleri,
«quella in atto è una rivoluzione culturale». E la Sicilia non è affatto
irredimibile, ma è, per una volta, un modello di cambiamento positivo.
N. 17
Beppe De Santis, Segretario nazionale dei “Meridionalisti Italiani” sugli
effetti di demolizione dei valori morali, culturali e democratici della
tradizione occidentale indotti dall’attuale dominio della finanza globale
speculativa
11 MARZO 2012
Il valoroso giurista economico Guido Rossi lancia un allarme estremo:
LA DEMOLIZIONE DELLA BASI DELLA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE INDOTTA DALL’ATTUALE CAPITALISMO FINANZIARIO ANTIDEMOCRATICO E ANTILIBERALE.
La democrazia del profitto e il valore della Bellezza di Guido Rossi
Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2012-03-11
La più grande ristrutturazione storica del debito statale è avvenuta in Grecia in una situazione ancora non del tutto chiara. Il cosiddetto salvataggio, che non elimina tuttavia le dichiarazioni di default, è stato condotto con lo scopo dichiarato di tutelare, nei limiti del possibile, i creditori ben più che i cittadini greci.
Creditori che, anche attraverso la speculazione ampiamente adottata con le assicurazioni stipulate sul default greco,mediante quei singolari derivati chiamati credit default swaps per il momento, pur nei tagli all’ammontare dei crediti,hanno goduto di una sorta di sgangherata par conditio creditorum.
E questa, ai danni di una cittadinanza, in pericolo di caduta oltre che economica, di democrazia.
Questa operazione, creata dalle derive del capitalismo finanziario globale, è ben diversa dalla impostazione ideologica e culturale adottata dal presidente Roosevelt con il New Deal, che aveva in precedenza indicato come principio fondamentale per risolvere la crisi della grande depressione, progetti che venissero dal basso e non dall’alto. e che prestassero «fiducia una volta di più nell’uomo dimenticato fondo alla piramide economica».
Le politiche di austerity prima, e di vaga quanto incerta crescita poi, costituiscono da tempo in Occidente uno "stato di eccezione", con grave pericolo della democrazia e dei diritti dell’uomo storico, ripresi nella Dichiarazione del 1948 e frutto della profonda cultura europea.
11 MARZO 2012
Il valoroso giurista economico Guido Rossi lancia un allarme estremo:
LA DEMOLIZIONE DELLA BASI DELLA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE INDOTTA DALL’ATTUALE CAPITALISMO FINANZIARIO ANTIDEMOCRATICO E ANTILIBERALE.
La democrazia del profitto e il valore della Bellezza di Guido Rossi
Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2012-03-11
La più grande ristrutturazione storica del debito statale è avvenuta in Grecia in una situazione ancora non del tutto chiara. Il cosiddetto salvataggio, che non elimina tuttavia le dichiarazioni di default, è stato condotto con lo scopo dichiarato di tutelare, nei limiti del possibile, i creditori ben più che i cittadini greci.
Creditori che, anche attraverso la speculazione ampiamente adottata con le assicurazioni stipulate sul default greco,mediante quei singolari derivati chiamati credit default swaps per il momento, pur nei tagli all’ammontare dei crediti,hanno goduto di una sorta di sgangherata par conditio creditorum.
E questa, ai danni di una cittadinanza, in pericolo di caduta oltre che economica, di democrazia.
Questa operazione, creata dalle derive del capitalismo finanziario globale, è ben diversa dalla impostazione ideologica e culturale adottata dal presidente Roosevelt con il New Deal, che aveva in precedenza indicato come principio fondamentale per risolvere la crisi della grande depressione, progetti che venissero dal basso e non dall’alto. e che prestassero «fiducia una volta di più nell’uomo dimenticato fondo alla piramide economica».
Le politiche di austerity prima, e di vaga quanto incerta crescita poi, costituiscono da tempo in Occidente uno "stato di eccezione", con grave pericolo della democrazia e dei diritti dell’uomo storico, ripresi nella Dichiarazione del 1948 e frutto della profonda cultura europea.
The forgotten man,
cioè l’uomo dimenticato, è sempre più dimenticato in ragione anche di una
crescita basata soltanto ed esclusivamente sulle quantità del Pil, il quale può
sì avere un suo riflesso nel rapporto tra i Paesi ricchi e i Paesi poveri, ma
all’interno del singolo Paese, ricco o povero che sia, il Pil non conta più ,
se non in rapporto al benessere e al profilo soggettivo della ricchezza
individuale,per cui quella dell’uno non
da la stessa felicità che l’identica ricchezza da all’altro.
Globalizzazione, Pil,
crescita esclusivamente economica, spinta all'educazione alle sole culture
tecnologiche o scientifiche, ma con scarso pensiero critico, sono state
recentemente bollate e aspramente criticate da Martha C. Nussbaum, anche
nell'articolo apparso sull'ultimo numero della rivista Il Mulino dal titolo
"Educare per il profitto o per la libertà?". Conclude
significativamente la Nussbaum che "produrre crescita economica non
significa produrre democrazia, né garantire una popolazione sana, occupata,
istruita".
La creazione di élite
competenti in tecnologie e affari ha sottovalutato l'importanza di educare alle
scienze umane e alle arti per evitare l'ottusità morale che, eliminando i
valori creati dalle scienze umane, ha soppresso uno degli aspetti principali
della democrazia, quello della partecipazione critica dei cittadini alle
scelte politiche. È così che l'"uomo dimenticato" si allontana
sempre più dalla politica costellata di luoghi comuni e di interessi
lobbystici, con governanti che impongono modelli e schemi di attività sociali,
con presunzione e arroganza ora vergognosamente scandalosa, ora sobria, ma
sempre aliena dal considerare al centro della democrazia the forgotten man.
Eppure le
disuguaglianze sempre più gravi create dalla cultura dell'economia finanziaria
invece che dalla cultura delle scienze umane, delle arti (non del mercato
dell'arte) e del pensiero critico, non vengono rimosse secondo una ricetta che
già in altri momenti di crisi avevano convinto dei grandi illuministi come
Condorcet. Questi era del parere che, per risolvere le ineguaglianze create
dalla libertà dei commerci, fosse necessario garantire la parità di istruzione
dei cittadini. Egli stesso, poi, fin da allora, sottolineava che è la ricchezza
che domina la politica e che dunque la politica in realtà è appannaggio dei
ricchi.
L'invito di Martha
Nussbaum a investire oltre che nelle competenze tecniche e scientifiche anche,
e ora soprattutto, in quelle umanistiche e artistiche, che potrebbero sparire
perché non producono profitto, rimane inascoltato.
Ciò comporta il
rischio di soffocare, nella mancata coscienza dei diritti umani e di quelli
dei cittadini a scegliersi liberamente il loro governo, anche la grande
tradizione della democrazia europea e dei diritti umani che fanno parte della
sua storia.
Cioè quei diritti
sociali dell'uomo storico europeo alla salute, alla dignità del lavoro e
all'abitazione, all'uguaglianza dei punti di partenza, insomma a tutto il
processo di welfare che finora ha in qualche modo fatto sì che nei Paesi
europei la pur dilagante povertà sia meno grave che altrove.
Risultano allora
inquietanti le dichiarazioni di chi è ai vertici delle istituzioni europee, che
hanno accompagnato la crisi e che pretenderebbero ora di risolverla, che il
welfare europeo è finito.
Non è invece tempo
di investire nella democrazia, nel pensiero critico e nella cultura della
bellezza delle arti, grande patrimonio europeo e in modo particolare italiano?
Sarà forse questa una strada per riproporre all'uomo dimenticato che anche la
Bellezza, come nei miti dell'antica Grecia, produce ordine e giustizia, cioè
elimina le disuguaglianze. La giustizia di Afrodite nella ricostruzione del
mito greco fatta da James Hillman può essere un viatico da non trascurare
poiché, come egli conclude, "quando Lei trionfa in tutta la sua sublimità,
allora la sconfinata confusa chiarezza del cosmo stesso è in perfetto ordine, e
anche la giustizia trionfa".
18-N Messaggi dei
“Meridionalisti Italiani” Beppe De Santis
dal 12 marzo 2012
PRESIDENZA/SEGRETERIA
NAZIONALE
-Via degli Uffici del Vicario, n. 36, Roma
-Via Mariano Stabile,
n. 229,Palermo
-Via G. Rulli, n.7
Vasto (CH)
-Tel.
329-1011815 339-6288704
N. 18 Beppe De
Santis, Segretario, nazionale dei “Meridionalisti Italiani”sulla crisi del
tradizionale PARADIGMA EUROPEISTA (da
Habermas)
12 marzo 2012
Leggete attentamente
il seguente intervento di Jurgen Habermas.Uno dei più prestigiosi filoni
contemporanei. Propugnatore appassionata del ruolo e della centralità delle
opinioni pubbliche informate e consapevoli nella tenuta della democrazia. In
sintesi, le tesi dell’autore.
1-L’integrazione
degli Stati europei non deve essere scissa dalla contemporanea integrazione
democratica dei cittadini europei. Altrimenti, si consolida il dominio
devastante di “questi” marcati finanziati governati dalla finanza globale
speculativa.
2.E’ sommamente
errato scindere l’azione di risanamento d finanziario e debitorio dalla
politica per lo SVILUPPO. Altrimenti, la deriva recessiva travolgerà tutti.
3.L’Europa, oltre le
politiche di risanamento, deve dotarsi
di una vera potestà di governance democratica.
4.La politica tedesca
della Merkel è sbagliata, contraddittoria , pericolosa, tutta schiacciata sul
rigorismo, egoista, arrogante nei confronti degli altri parteners.
5.Gli Stati nazionali
NON DEVONO DISSOLVERSI IN UNO STATO FEDERALE D’EUROPA: il contrario
dell’auspicio contenuti nell’appello di qualche giorno fa , firmato , tra gli
altri ,da Giuliano amato e Romano Prodi, di cui abbiamo fatto cenno nella
nostra nota n.14.
Insomma, Habermas
vuole “Più Europa” democratica e
veramente legittimata democraticamente;
ma, soltanto,
attraverso l’integrazione “democratica” degli Stati europei e non una vero
governo europeo federale, né tanto meno gli STATI UNITI D’EUROPA;
con i singoli Stati
che restano il baluardo della democrazia fondamentale.
Ma, ciò che
Hamermas auspica è esattamente l’Europa reale, sotto i nostri occhi.
IL PARADIGMA E’
QUELLO DELL’ATTUALE EUROPA INTERGOVERNATIVA, A-DEMOCARTICA, SCHIACCIATA DALLA
FINANZA GLOBALE SPECULATIVA.
Sono anni e anni che
reiteriamo stancamente l’auspicio, che Habermas aupica ancora una volta.
In questa
contraddizione stiamo morendo.
Non si possono avere,
insieme, la botte piena e la moglie ubriaca.
Allora ,delle due
l’una: o si fanno presto e bene gli Stati Uniti d’Europa,una vera sovranità
statale europea, con una banca statale europea sovrana,almeno come la Federal
Reserve americana ,e, con una moneta veramente sovrana,
o si DEVONO
RIPRISTINARE LE TRE CLASSICHE SOVRANITA’ DEGLI STATI NAZIONALI: sovranità
statale, sovranità democratica popolare, sovranità monetaria , con il ritorno
alla valuta nazionale.
Secondo lo schema
rilanciato prepotentemente dal movimento neokeynesiamo mondiale,e, in
particolare dall’approccio della Modern Money Theory, di cui al recente summit
di Rimini e che abbiamo abbondantemente evocato nelle nostre precedenti note.
L'EUROPA DEI
CITTADINI PIÙ DEMOCRAZIA, MENO MERCATI FINANZIARI
di JÜRGEN HABERMAS -
la Repubblica
Lunedì 12 Marzo 2012
10:09 -
Il filosofo tedesco
contro le politiche di Angela Merkel. Tiepide
verso una maggiore
integrazione. Arroganti con i popoli. Succubi
degli speculatori
Nel processo
dell'integrazione europea vanno distinti due piani.
L'integrazione
degli stati affronta il problema di come ripartire competenze tra l'Unione
da un lato e gli stati membri dall'altra. Questa integrazione riguarda dunque
l'ampliamento di potere delle istituzioni europee.
Invece l'integrazione
dei cittadini riguarda la qualità democratica di questo crescente potere,
ossia la misura in
cui i cittadini possono partecipare a decidere i problemi dell'Europa.
Per la prima volta
dall'istituzione del Parlamento europeo, il cosiddetto «fiscal compact»
che si sta varando in queste settimane (per una parte dell'Unione) serve a far
crescere l'integrazione statale senza una corrispondente crescita
dell'integrazione civica dei cittadini.
(...) La tesi che
vorrei difendere in questa sede è presto detta. Solo una discussione
democratica che affronti a trecentosessanta gradi il futuro comune della
nostra cittadinanza europea potrebbe produrre decisioni politicamente
credibili, capaci cioè di imporsi ai mercati finanziari e agli speculatori che
puntano sulla bancarotta degli stati. (...)
Finora, pur cercando di armonizzare
accortamente (quanto meno nell'eurozona) le loro politiche fiscali ed
economiche, gli stati membri non sono andati al di là di retoriche
proclamazioni. L'integrazione degli stati diventerà credibile solo quando potrà
appoggiarsi a una integrazione dei cittadini in cui si manifestino
maggioranze dichiaratamente pro-europee.
In caso contrario,
la politica non riguadagnerà più la sua autonomia di contro alle agenzie di
rating, grandi banche ed hedgefounds. (...) Dal mio punto di vista, sul
piano della politica europea, il governo tedesco sta facendo poche cose giuste
e molte cose sbagliate. Lo slogan Più Europa è la risposta giusta a una crisi
dovuta a un difetto di costruzione della comunità monetaria. La politica non
riesce più a compensare gli squilibri economici che ne sono nati.
Sul lungo periodo, il
riassetto dei divergenti sviluppi economico-nazionali è realizzabile solo in
termini di collaborazione, nel quadro di una responsabilità democraticamente
organizzata e condivisa, capace di legittimare anche un certo grado di
redistribuzione che oltrepassi le frontiere nazionali.
Da questo punto di
vista, il «fiscal compact» è certamente un passo nella direzione giusta. Fin
dalla sua definizione
ufficiale - trattato «per la stabilità, l'armonizzazione e la governance» - si
vede come questo
patto sia costituito da due diversi elementi. Esso obbliga i governi per un
verso a rispettare le
discipline di bilancio nazionali, per l'altro verso a istituzionalizzare una
governance di
politica economica avente per obbiettivo di eliminare gli scompensi economici
(quanto meno nell'eurozona).
Come mai però Angela
Merkel festeggia solo la prima parte del patto, quella mirante a
penalizzare le
infrazioni di bilancio, mentre non spende una parola sulla seconda parte,
mirante a una concertazione politica della governance economica? (...)
Il governo tedesco, pur
riconoscendo a parole
il bisogno di una integrazione ulteriore, di fatto contribuisce a lasciar
marcire la crisi.
A questo riguardo mi limito a quattro brevi considerazioni.
In primo luogo non occorre farla lunga,
in termini di politica economica, per capire che una unilaterale politica
restrittiva, come quella caldeggiata nella Ue dal governo tedesco, spinge nella
deflazione i paesi più sofferenti. Ove non si integrino le politiche
restrittive con politiche di sviluppo, la pace sociale delle nazioni poste
sotto tutela finirà per essere disturbata non soltanto dai pacifici e ordinati
cortei dei sindacati.
In secondo luogo,
la politica restrittiva risponde all'idea sbagliata secondo cui tutto si
risolverà nel momento in cui gli stati membri sapranno accettare questo nuovo
patto di stabilità e crescita. Di qui la fissazione di Angela Merkel nel voler
imporre sanzioni: una postura minacciosa assolutamente superflua nel momento in
cui si riuscissea inserire nella legislazione ordinaria della Ue una governance
economica condivisa. Continua invece a imperversare l'idea per cui basterebbe
istituire una «giusta» costituzione economica - dunque «regole» sovratemporali
- per risparmiarci le fatiche di una concertazione politico-economica nonché
i costi derivanti da una legittimazione democratica dei programmi di
redistribuzione.
In terzo luogo,
Merkel e Sarkozy operano sostanzialmente sul piano di una politica
intergovernativa,
mirando a spingere avanti, senza troppo rumore, l'integrazione degli stati e
non quella dei
cittadini. I capi di governo dei 17 paesi rappresentati nel Consiglio dei
ministri
dovrebbero tenere in
pugno il bastone di comando. Sennonché, una volta dotati delle
competenze di
governance economica, essi svuoterebbero la sovranità economica dei
parlamenti nazionali.
La conseguenza sarebbe un rafforzamento postdemocratico degli
esecutivi dalle
conseguenze imprevedibili. Allora, l'inevitabile protesta dei parlamenti
spodestati avrebbe almeno il vantaggio di portare in luce quel deficit di
legittimazione che solo una riforma democratica degli organi di governo
comunitari potrà colmare.
In quarto luogo,
le parole d'ordine del governo tedesco in fatto di bilancio suscitano
all'estero il sospetto che la Germania federale persegua mire nazionalistiche.
«Nessuna solidarietà, se prima non si garantisce stabilità». La proposta
lanciata da Berlino di mandare un commissario plenipotenziario ad Atene - dove
già ci sono, con analoghe funzioni di controllo, tre commissari appena giunti
dalla Germania- dimostra un'incredibile insensibilità nei confronti di un paese
in cui non si è ancora spento il ricordo delle efferatezze compiute dalle Ss e
dalla Wehrmacht. Helmut Schmidt, in un appassionato discorso, ha deplorato che
il governo attuale stia dilapidando il prezioso capitale di fiducia che la
Germania si era guadagnata presso i vicini nel corso degli ultimi
cinquant'anni.
L'impressione
generale - che si ricava da questa sciocca arroganza, per un verso, e
dalla
troppo timida risposta
al ricatto dei mercati finanziari, per l'altro - è che la politica europea non
abbia ancora raggiunto il livello di una vera «politica interna». (...) Queste
prudenze non sono neppure giustificabili dal vecchio argomento secondo cui
l'integrazione è destinata a fallire per mancanza di un popolo europeo e di una
sfera pubblica europea. Nelle idee di «nazione»e di «popolo» avevamo a che fare
con fantastici soggetti omogenei: ideali che solo nel corso dell'Ottocento,
canalizzati dalle scuole pubbliche e dai mass media, si erano impadroniti
dell'immaginario popolare. Sennonché le catastrofi del ventesimo secolo non
hanno lasciato indenni le ideologie storiografiche dei vari nazionalismi. Oggi
l'Europa deve fare i conti non tanto con popoli illusoriamente omogenei, quanto
piuttosto con stati-nazione concreti, con una pluralità di lingue e di sfere
pubbliche.
Pur associandosi sempre più strettamente sul piano
europeo, gli stati nazionali conservano funzioni specifiche. Essi non devono
affatto dissolversi in uno stato federale d'Europa, ma conservare un ruolo di
garanzia per i livelli di democrazia e di libertà fortunatamente già raggiunti.
Ciascuno di noi unisce in petto due ruoli: quello di cittadino del proprio
stato e quello di cittadino dell'Unione. E nella misura in cui i cittadini
dell'Unione capiranno quanto profondamente le decisioni europee modificano la
loro vita, tanto più si sentiranno coinvolti in una politica europea che può
anche chiedere di spartire sacrifici. (...) Si dice che la repubblica di Weimar
sia fallita perché i suoi difensori democratici erano troppo pochi. Fallirà
l'Unione europea per i troppi sostenitori troppo tiepidi?
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