lunedì 23 gennaio 2012

DEL MERCATO FORCONI

Paralizzare l' Isola danneggia solo noi

COSA succede in Sicilia?, si chiedono oltre lo Stretto scrutando sugli schermi tv i Tir che bloccano le strade e le lunghe file di auto in coda ai distributori di benzina ormai a secco. Cosa bolle nel pentolone dell' ennesimo accrocco prodotto dall' ormai celebre laboratorio siculo nel quale si tengono l' un l' altro neofascisti, centri sociali, aspiranti politici o ex tali, agricoltori allo stremo, pescatori in panne e perfino, stando all' allarme lanciato da Confindustria, "esponenti della criminalità organizzata"? Noi, quaggiù, del nuovo prodotto del laboratorio politico siciliano abbiamo assaggiato, finora, la parte più indigesta: la benzina che non c' è più, i supermercati che si svuotano, i blocchi stradali. Sono disagi che colpiscono i siciliani (sempre di meno stando alle ultime rilevazioni sulla disoccupazione) che lavorano, che hanno bisogno di spostarsi. E sono disagi che potrebbero ripercuotersi ancor più duramente sulla già fragile economia dell' Isola. Le associazioni imprenditoriali hanno già lanciato l' allarme per il blocco delle merci e le relative perdite in termini di fatturato che ne deriveranno. Forconi e padroncini dovrebbero innanzitutto riflettere su questo. E' giusto dire di battersi per le sorti future della Sicilia e, nello stesso tempo, condannare lavoratori e imprese siciliane all' immobilità? Si dirà: è l' unico modo per far sentire la protesta. Può darsi, di certo è il modo migliore per rendere la protesta impopolare perfino nel clima impastato di antipolitica e ribellismo generico che governa un Paese e una regione costretti a sgomitare sul fondo di tutte le classifiche di ricchezza, efficienza e modernità da anni di mala politica e di gestione amministrativa affaristico-clientelare. Forse, per i leader della protesta che sta paralizzando l' Isola sarebbe meglio ordinare la rimozione dei blocchi e, magari, mettersi a riflettere su un paio di cose. A cominciare proprio dal loro rapporto con la politica. Mettiamo da parte quelli che giocano agli opposti estremismi (Forza Nuova e Centri sociali) e concentriamoci sulle figure che i resoconti giornalistici di questi giorni hanno raccontato essere quelle che guidano la nuova "rivolta siciliana". Mariano Ferro, imprenditore agricolo di Avola e capo del movimento dei Forconi, per esempio, ha alle spalle militanza e candidature in Forza Italia e, infine, una recente vicinanza (con relativo intervento a un congresso) all' Mpa. Giuseppe Richichi storico patron dell' Aias, dopo aver guidato la feroce serrata dei camion del 2000, è sempre stato segnalato vicino all' area di centrodestra e Martino Morsello, altra guida dei Forconi, vanta addirittura un passato da consigliere comnunale del Psi negli anni Ottanta, quando il Psi era partito ricco e di governo. Tutti e tre, dunque, hanno sempre partecipato alla politica stando dalla parte di chi comandava o comanda che poi in Sicilia, dal Dopoguerra ad oggi,è sempre lo stesso blocco sociale che ha solo smesso i panni della Dc e dei partiti suoi alleati indossati durante la Prima Repubblica per sostituirli con quelli dei berlusconiani e dei loro satelliti nella Seconda. Il disastro della Sicilia è balzato davanti ai loro occhi solo in queste settimane? Non si sono accorti, durante le trascorse militanze, che la Sicilia veniva depredata e affamata nonostante la gran mole di denaro pubblico che l' Europa cattiva (di soli finanziamenti europei negli ultimi dieci anni abbiamo ricevuto ben più di 18 mila miliardi vecchie lire) destinava all' Isola? E se se ne sono accorti hanno essi levato la loro voce per protestare magari facendo qualche blocco stradale sotto casa di Gianfranco Miccichè che in questi anni è stato più volte sottosegretario di Stato e vice ministro e il cui neonato movimento sicilianista adesso li sostiene? Il fatto è - e qui siamo al secondo punto della riflessione da fare con gli agricoltori, i camionisti, i pescatori che assediano le strade e i porti - che le rivendicazioni che si intravedono dietro la protesta hanno sinistre assonanze con i programmi che i partiti di centrodestra - da Forza ItaliaPdl all' Mpa - hanno offerto ai siciliani per ottenere i loro voti (tanti, tantissimi) e governare l' Isola nell' ultimo ventennio. La Sicilia zona franca nella quale si hanno sostanziosi sconti fiscali, per esempio, era il fulcro attorno al quale ruotava il primo programma di Forza Italia per le Regionali del 1996. Ne avete più sentito parlare? No, perché l' Unione europea non autorizza più zone franche e, certamente, non può consentire tali soluzioni in paesi dove il debito pubblico è elevatissimo a causa di sperperi e prebende che in questi venti anni non sono certo mancate. Il passaggio delle accise sulla benzina nelle casse della Regione? E' un cavallo di battaglia dell' Mpa di Lombardo, ma si è poi così sicuri che una volta intascate le accise la Regione le adoperi abbattere il prezzo della benzina? Oppure il ristoro fiscale andrebbe ad ingrassare i già stracolmi organici della pubblica amministrazione con nuove assunzioni di precari, consulenti e affini? In Sicilia, come ha svelato una recente inchiesta di Antonio Fraschilla su Repubblica, la benzina è la più cara d' Italia perché qui più che altrove le compagnie fanno cartello e impongono i prezzi. Forse più che fare le barricate per le accise converrebbe sostenere la liberalizzazione della vendita dei carburanti che, quella sì, porterebbe ad un abbassamento dei prezzi. E, allora, conviene togliere i blocchi, restituire i siciliani alla loro affannosa normalità e affrontare davvero i temi dello sviluppo dell' Isola. A cominciare proprio dalla scelta di chi candidare ed eleggere alle elezioni amministrative ormai imminenti. - ENRICO DEL MERCATO

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