mercoledì 18 gennaio 2012

LA RIVINCITA DEI FORCONI

LA RIVINCITA DEI FORCONI
Di Federico Geremicca
La Stampa 18 gennaio 2012

Si può metterla alla solita maniera, naturalmente, e dire che è l’ennesima storia siciliana, confusa, opaca, certamente incomprensibile sul continente, e comunque un paio di giorni e la fiammata si spegnerà.

Possibile. Intanto, però, i primi due giorni sono passati, e mentre a Palermo - già quasi in emergenza - le auto fanno la fila per accaparrarsi le ultime gocce di benzina, nei magazzini di mezza isola tonnellate di frutta, verdura e pesce fresco vanno in malora, e il traffico stradale e ferroviario è già pesantemente in tilt. Con scarsa fantasia, forse, contadini, pescatori e camionisti hanno chiamato la loro «rivolta» (cominciata lunedì, finirà alla mezzanotte di venerdì) Operazione Vespri siciliani. Le analogie sono inesistenti: tranne, forse, per l’agitarsi sullo sfondo di ombre misteriose e dagli obiettivi nient’affatto chiari...

Comunque la si voglia vedere - e da vedere ci sarà molto - dopo mesi e mesi di crisi inarrestabile, quel che da 48 ore sta andando in scena tra Catania e Ragusa, Caltanissetta e Palermo, è l’irruzione in campo di quella che un tempo si sarebbe definita semplicemente «gente in carne e ossa». E’ la rivincita dei trattori sullo spread, insomma, dei forconi sui Btp e dei Tir sugli Eurobond. Dopo tanto parlare di tensioni sociali e famiglie che non arrivano più a fine mese, dunque, la rivolta è esplosa. Non è che ci sia da rallegrarsene, naturalmente: ma se qualcuno ancora sperava che la crisi potesse restar confinata nel limbo, nel mondo asettico dei titoli e degli indici di Borsa, ora potrà rifare i propri conti.

La miccia che ha fatto esplodere la rivolta, dopo settimane di lenta incubazione, è tutta in una domanda alla quale i siciliani aspettano ancora una risposta: ma com’è possibile che qui, dove si raffina il 40% della benzina italiana, gasolio e super spesso costano perfino più che altrove (Lampedusa, per dire, ha il record europeo del caro-benzina)? Gli ultimi aumenti hanno di fatto messo definitivamente in ginocchio il mondo dell’autotrasporto, della pesca e dell’agricoltura: e sono giusto queste tre categorie - spalleggiate da indignatos più o meno indigeni - ad aver dato il via alla protesta che sta paralizzando interi settori produttivi dell’isola.

Dietro le quinte - o addirittura sul proscenio della protesta - si muovono figure ambigue, sfuggenti, dal profilo sfumato. Il capo del «Movimento dei Forconi», che organizza braccianti e contadini, è un uomo non lontano da Raffaele Lombardo, governatore siciliano; nelle retrovie di «Forza d’urto» si agitano esponenti di Forza Nuova, movimento dell’estrema destra, il cui leader - Roberto Fiore - inneggia da giorni alla protesta; alle assemblee preparatorie dell’Operazione Vespri siciliani si è spesso visto Maurizio Zamparini, presidente del Palermo calcio e addirittura fondatore di un movimento anti-Equitalia. L’elenco potrebbe naturalmente continuare, ma con l’unico risultato di aumentare la confusione. Chi invece questa confusione dovrebbe provare a scioglierla, chi dovrebbe moderare le esasperazioni (ieri c’è stato il primo ferito) e indicare una rotta - la politica, intendiamo - è del tutto assente. E quando è presente è quasi peggio, visto che soffia pericolosamente sul fuoco.

Delegittimata dai suoi stessi comportamenti e ora platealmente commissariata dall’équipe di tecnici del professor Monti, la politica - i partiti - cercano confusamente la via da seguire. La destra aizza la rivolta, ma non è l’unica: condizionati dall’importante tornata elettorale alle porte (in primavera si va al voto in centinaia di comuni, Palermo, Trapani e Agrigento compresi) forze politiche e singoli leader provano a stare nella «rivolta». Leoluca Orlando - nuovamente candidato a sindaco di Palermo - e l’Italia dei valori siciliana, esprime comprensione per la protesta (e ci mancherebbe...), blocchi stradali e ferroviari compresi. Raffaele Lombardo si schiera e promette. E altri lo seguono. Non sono segnali tranquillizzanti. Ma soprattutto non è tranquillizzante l’idea che la politica piuttosto che risolvere i problemi - li amplifichi e li esasperi, sperando di ricavarne vantaggi. Vecchi sistemi e modi di fare usurati: che nemmeno l’avvento di Monti, però, è riuscito a cancellare.

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