lunedì 23 gennaio 2012

LO SCRITTORE CAPPELLANI SUI FORCONI

La battaglia del petrolio

MENTRE traffico con l' acciarino per accendere un fuoco, benedico il momento in cui, inconsapevolmente ho acquistato il mio kit di sopravvivenza, (ma sotto la coscienza, probabilmente, c' era qualcosa che già sapeva tutto). R R icordoi primi giorni: nelle scalette dei telegiornali nazionali, l' esplosione di un metanodotto in Toscana veniva prima della notizia dei disordini in Sicilia. Il fuoco si anima sotto quest' albero di carrubo dove mi sono accampato per la notte, e io cerco nei ricordi la forza per andare avanti. Non avrei mai immaginato che tutto si svolgesse così velocemente. Non avrei mai immaginato che quanto avevo descritto ne "L' isola prigione", pubblicato nell' ottobre 2011, passasse, in così breve tempo, da romanzo distopico e catastrofico a profetica cronaca quasi fedele di quello che sta accadendo da quando la parola "oltranza" è diventata sinonimo di saggezza, dignità, capacità di sacrificio. Da quando gli stessi "rappresentati" si rivoltarono contro i "rappresentanti", che ancora blateravano di "giuste ragioni, metodi sbagliati" e di "infiltrazioni mafiose", quando invece i primi a "infiltrarsi" furono gli studenti, poi gli operai insieme ai loro datori di lavori. Nelle piazze, nei caselli autostradali, nei supermercati vuoti, nei bar dei distributori di benzina, si pensava in una maniera, mentre i "rappresentanti" sindacali, confindustriali, consumatoriali, sui media, sostenevano l' opposto in difesa di un ordine e di un sistema non meno caotico, affamante, e pericoloso. "L' isola prigione" è il secondo libro che ho scritto pensando a disordini in Sicilia causati dal petrolio. Il primo era "Sicilian Tragedi". Ma è stato ne "L' isola prigione" che mi sono voluto spingere in scenari catastrofici: non avrei mai immaginato che, in luogo della catarsi letteraria, si manifestasse invece la profezia... Se fate una ricerca su google, digitando "petrolio in Sicilia", scoprirete che il maggiore giacimento italiano è sul confine tra il ragusano e il siracusano. Totalmente inutilizzato. La raffineria di Priolo, quel mostro che frattura una delle più lunghe coste del mondo, non basta ai nostri governanti per applicare lo statuto speciale, calmierandoi prezzi in cambio della devastazione ecologica, come è in loro potere, e così come hanno fatto in Val d' Aosta. Fu il giorno dell' incontro con il governatore Raffaele Lombardo, il momento in cui la situazione precipitò. Erano andati a chiedere quello che da anni si diceva nei bar: "Abbiamo la raffineria, abbiamo il petrolio, abbiamo lo statuto speciale. Finiamola di farci mettere i piedi in testa". La risposta fu: "Ho scritto una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti". Suonò come una beffa, uno sgarro, una tagliata di faccia. Come se Lombardo ci avesse detto "cornuti". Come al solito, i media nazionali non seppero interpretare la Sicilia. Ma adesso un' altra cosa mi preoccupa. La scrivo su questo taccuino nella speranza che un giorno qualcuno possa sfogliarlo. Ne avevo già parlato ne "L' isola prigione", ma quello era un romanzo, e la gente non crede ai romanzi. Abbiamo un giacimento petrolifero inutilizzato, abbiamo una raffineria pronta e funzionante, e, sorpresa, abbiamo una base aeronautica militare americana, Sigonella, a pochi chilometri e dal giacimento e dalla raffineria. Vedo Sigonella a guardia di entrambi, sentinella dell' ultima riserva petrolifera intatta in un mondo in cui il petrolio sta finendo, riserva pronta ad essere raffinata. Quando il petrolio nel mondo finirà, saranno solo gli aerei e i missili di Sigonella, a levarsi in volo. Chi avrà l' aeronautica, sarà allora il padrone del mondo. I disordini in Sicilia sono sempre stati i benvenuti. Nelle situazioni di caos sono i militari che comandano, che se ne stanno sornioni a guardare mentre assaporano il potere che presto arriverà. Non sono i problemi politici che causano i disordini in Sicilia. Non sono neanche quelli economici e finanziari. Sono le motivazioni militari a fare della Sicilia quella che è oggi. Spero che questi disordini possano servire a riportare il petrolio siciliano al servizio della civiltà. Ma ne dubito. Vedo aerei militari levarsi in volo dalla nostra isola, unici ormai a poter decollare, al servizio di un ordine unico mondiale. Riprendetevi il vostro petrolio, siciliani.
- OTTAVIO CAPPELLANI

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