giovedì 19 gennaio 2012

MACALUSO SUI FORCONI

Fra tassisti
e movimenti
del “forcone”

di Emanuele Macaluso

Con questa nota vorrei dire alle forze che si riconoscono nel centrosinistra di non sottovalutare i movimenti espressi da forze e gruppi sociali non collegati con i sindacati. I quali giustamente e unitariamente sono impegnati a governare difficili vertenze in aziende in cui si verificano pesanti licenziamenti e a trattare col governo le riforme che attengono alla contrattazione, al mercato del lavoro e alla previdenza.
Un’opera difficile perché anche tra i lavoratori, che hanno avuto, o hanno ancora, il “privilegio” (così è stato etichettato) di lavorare in fabbrica, c’è un malessere profondo motivato anche dall’incertezza del domani.
I movimenti cui mi riferivo sono quelli che in Sicilia hanno come simbolo il “forcone”, e vedono insieme autotrasportatori, agricoltori, pescatori, piccoli produttori, che protestano non solo per il prezzo dei carburanti, ma perché la crisi economica nel Sud ha un riverbero più pesante che al Nord. La Padania, quotidiano di Bossi, che conduce una violenta campagna contro il governo che «massacra il Nord» (titolo di ieri), oggi esalta la «ribellione dei siciliani - la rivolta dei forconi». La politica nordista del governo Berlusconi-Bossi ha accresciuto il divario Nord-Sud e l’impoverimento non riguarda solo chi perde il lavoro, ma quel ceto medio che nel meridione naviga in un’economia molto condizionata dalla spesa pubblica nazionale e locale. Una spesa che spesso non ha un indirizzo produttivo e mette in crisi i settori produttivi cui vengono sottratte risorse. Le Regioni e i Comuni non hanno ancora capito che non possono più agire come in passato.
In Sicilia la protesta dei “padroncini” autotrasportatori ha bloccato il traffico e ha mobilitato altri ceti. Ma quale guida e che sbocco possono avere questi movimenti? Roma, dicono i giornali, è stata “assediata” dai tassisti che temono le “liberalizzazioni” e, come altre categorie, non vogliono cambiare nulla nei vecchi assetti amministrativi. È chiaro che siamo di fronte a serie contraddizioni. Vendola al Tg3 ha detto che le liberalizzazioni debbono verificarsi nelle zone alte del protezionismo (il che è giusto e vero) e il governo ha detto che non risparmierà nessuno.
Il punto, però, è un altro: i partiti della sinistra riescono o no a dialogare, anche criticamente, con questi lavoratori autonomi? E c’è una questione più di fondo: occorre dire la verità a tutti. Nel momento in cui sono stati intaccati i modestissimi redditi dei pensionati che, tra l’altro, pagano le tasse, nessuno, dico nessuno, può tirarsi indietro.
Le tasse le dobbiamo pagare tutti, dai gioiellieri ai tassisti, a Cortina, a Milano, a Roma, a Napoli o a Palermo. E il costo della politica deve essere drasticamente ridotto. Senza grida demagogiche, ma con concretezza. La situazione è grave e chi più ha più deve pagare, ma tutti dobbiamo contribuire. Se nel territorio, come si dice oggi, non c’è una forte presenza delle forze che hanno questa consapevolezza, i movimenti del “forcone”, osannati dalla Lega, possono diffondersi e creare condizioni sociali, e anche di ordine pubblico, ingovernabili.
Gli incontri a Palazzo Chigi è giusto farli e possibilmente, concluderli, ma non e da quel palazzo che puoi governare una inedita e grave questione sociale come quella che la crisi determina a Nord e al Sud. Attenzione, la demagogia o il pompierismo aristocratico e distaccato dalla gente alimentano le proteste e negano ogni soluzione ai problemi se parziale ma necessaria.
mercoledì, 18 gennaio 2012

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