giovedì 12 gennaio 2012

BRANO DI FINANZCAPITALISMO DI GALLINO

Capitolo primo
Che cos’è il finanzcapitalismo
Una mega-macchina costruita per estrarre valore.
Mega-macchine sociali: cosí sono state definite le grandi organizzazioni
gerarchiche che usano masse di esseri umani come
componenti o servo-unità
di tal genere esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell’antico
Egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare
unitariamente, appunto come parti di una macchina, decine
di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una
mega-macchina l’apparato amministrativo-militare dell’impero
romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel Novecento,
l’esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell’Urss.
Il finanzcapitalismo è una mega-macchina che è stata sviluppata
nel corso degli ultimi decenni allo scopo di massimizzare
e accumulare, sotto forma di capitale e insieme di potere,
il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri
umani, sia dagli ecosistemi. L’estrazione di valore tende ad
abbracciare ogni momento e aspetto dell’esistenza degli uni
e degli altri, dalla nascita alla morte o all’estinzione. Come
macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna
delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale,
a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare
penetrazione in tutti i sotto-sistemi sociali, e in tutti gli strati
della società, della natura e della persona
1. Mega-macchine potenti ed efficienti2.
1
Civilization
vol I:
vol. II:
La definizione è di L. Mumford, elaborata in diverse opere: Technics and, Harcourt, Brace and Co., New York 1934; The Myth of the Machine,Technics and Human Development, Harcourt, Brace and Co, New York 1967;The Pentagon of Power, Harcourt, Brace and Jovanovich, New York 1970.
2
des Wertpapierkapitalismus. Deregulierung, Shareholder Value, Bilanzskandale
Sui caratteri generali del finanzcapitalismo si vedano T. Sablowki, Bilanz(en), in
6 La politica dell’economia
L’
estrazione di valore è un processo affatto diverso dalla
produzione
una casa o una scuola, si elabora una nuova medicina, si crea
un posto di lavoro retribuito, si lancia un sistema operativo
piú efficiente del suo predecessore o si piantano alberi. Per
contro si estrae valore quando si provoca un aumento del
prezzo delle case manipolando i tassi di interesse o le condizioni
del mutuo; si impone un prezzo artificiosamente alto
alla nuova medicina; si aumentano i ritmi di lavoro a parità
di salario; si impedisce a sistemi operativi concorrenti di affermarsi
vincolando la vendita di un pc al concomitante acquisto
di quel sistema, o si distrugge un bosco per farne un
parcheggio.
Accostando come si è fatto sopra capitale e potere non
s’intende qui riproporre la tradizionale concezione che rinvia
al potere
di capitale come forma di potere in sé, un potere organizzato
su larghissima scala
sono mossi non dall’intento di produrre cose bensí da
quello di controllare persone, e la loro mega-macchina capitalistica
esercita questo potere con una efficienza, flessibilità
e forza che gli antichi governanti non potevano nemmeno
immaginare»
di valore. Si produce valore quando si costruiscedel capitale. In suo luogo si avanza la nozione3. Stando a questa nozione, «i capitalisti4. Di conseguenza non è esatto dire che il capitale
ha
potere. Il capitale è potere. Il potere di decidere che
«Prokla», XXXIII (2003), n. 2; M. Aglietta, A. Rebérioux,
financier
Analyse zum Wandel von Produktionsregimen
und Sozialpsychologie», n. speciale 45, VS Verlag, Wiesbaden 2005; J.
Bischoff,
VSA Verlag, Amburgo 2006; M. Aglietta e L. Berrebi,
mondial
Dérives du capitalisme, Albin Michel, Parigi 2004; P. Windolf (a cura di), Finanzmarkt-Kapitalismus., in «Kölner Zeitschrift für SoziologieZukunft des Finanzmarkt-Kapitalismus. Strukturen, Widersprüche, Alternativen,Désordres dans le capitalisme, Odile Jacob, Parigi 2007; M. Candeias e R. Rilling (a cura di),
Krise. Neues vom Finanzkapitalismus und seinem Staat,
K.-H. Brodbeck,
Fischer e W. Reese-Schäfer (a cura di),
Nordhausen 2010, pp. 211-30.
Karl Dietz, Berlino 2009;Die Globale Herrschaft der Finanzmärkte, in H. R. Yousefi, K.Wege der Globalisierung, Bautz Traugott,
3
Study of Order and Creorder
docenti di economia nell’università York a Toronto e nell’università di Israele.
Seguo su questo punto chiave J. Nitzan e S. Bichler, Capital as Power. A, Routledge, Londra 2009. Gli autori, nell’ordine, sono
4
K.-H. Brodbeck, Die Globale Herrschaft der Finanzmärkte cit., p. 219.
Che cos’è il finanzcapitalismo 7
cosa produrre nel mondo, con quali mezzi, dove, quando, in
che quantità. Il potere di controllare quante persone hanno
diritto a un lavoro e quante sono da considerare esuberi; di
stabilire in che modo deve essere organizzato il lavoro; quali
debbano essere i prezzi degli alimenti di base, di cui ciascun
punto percentuale in piú o in meno aumenta o diminuisce di
una quindicina di milioni, nel mondo, il numero degli affamati;
quali malattie sono da curare e quali da trascurare, ovvero
quali farmaci debbano essere sviluppati dai laboratori
di ricerca oppure no.
Ancora, il capitale è il potere di trasformare le foreste pluviali
in legno per mobili e i mari in acque morte; di brevettare
il genoma di esseri viventi evolutisi nel corso di miliardi di
anni e dichiararlo proprietà privata; di decidere quali debbono
essere i mezzi di trasporto usati dalla gran maggioranza
della popolazione e con essi quale debba essere la forma delle
città, l’uso del territorio, la qualità dell’aria. Sul momento
queste affermazioni possono apparire alquanto perentorie;
l’evidenza a loro supporto si farà strada nei successivi capitoli.
La mega-macchina denominata capitalismo industriale
aveva come motore – e per quel che ne resta ha tuttora – l’industria
manifatturiera. Il finanzcapitalismo ha come motore
il sistema finanziario. I due generi di capitalismo differiscono
sostanzialmente per il modo di accumulare il capitale. Il
capitalismo industriale lo faceva applicando la tradizionale
formula D1–M–D2, che significa investire una data quantità
di denaro, D1, nella produzione di merci, M, per ricavare
poi dalla vendita di queste ultime una quantità di denaro,
D2, maggiore di quella investita. La differenza tra D2 e D1
è un reddito chiamato solitamente profitto o rendita. Per
contro il finanzcapitalismo persegue l’accumulazione di capitale
facendo tutto il possibile per saltare la fase intermedia,
la produzione di merci. Il denaro viene impiegato, investito,
fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo di produrre
immediatamente una maggior quantità di denaro. La formula
dell’accumulazione diventa quindi D1–D2.
8 La politica dell’economia
A questa differenza fondamentale nella formula dell’accumulazione
il finanzcapitalismo accompagna una pretesa
categorica: si deve ricavare dalla produzione di denaro per
mezzo di denaro un reddito decisamente piú elevato rispetto
alla produzione di denaro per mezzo di merci. Non mancano
gli esempi. Si sa che gli investitori istituzionali, in specie
fondi pensione e fondi comuni, esigono dalla quota di capitale
investito in un’impresa un rendimento annuo minimo del
15 per cento. I fondi specializzati nel comprare imprese per
poi rivenderle pezzo a pezzo (chiamati
non sono soddisfatti se da tali operazioni non ricavano un
profitto di almeno il 20 per cento. Grandi banche europee
sollecitano gli investitori istituzionali a investire in titoli di
corporation del settore alimentare assicurando che ne trarranno
un reddito intorno al 25 per cento. Fondi specializzati
nella gestione di grandi patrimoni privati promettono a chi
può investire capitali rilevanti, e non disdegna di correre rischi
elevati, un rendimento pari o superiore al 30 per cento.
Ora avviene che il Pil del mondo cresca da decenni a un
tasso compreso tra il 3 e il 5 per cento annuo. Poiché alla fine
dei conti profitti o rendite aventi una base reale non possono
superare la crescita reale della ricchezza prodotta, quando
risultino nominalmente di varie volte piú alti essi debbono
provenire solamente da due fonti. Uno studioso del dominio
del denaro le sintetizza cosí: «1) Una redistribuzione a spese
di altre fonti di reddito realizzata mediante manipolazione di
prezzi a scopi speculativi, salari in flessione, privatizzazione
di prestazioni statali o sfruttamento internazionale; 2) La
crescita del capitale in forza di un rendimento piú elevato è
soltanto un’espressione monetaria nominale. In questo caso
essa corrisponde a una inflazione dei titoli finanziari, a una
private equity funds)
bolla
valore, il finanzcapitalismo ha sfruttato soprattutto la prima
»5. Nella sua veste di mega-macchina deputata a estrarre
5
sua monumentale opera sul denaro è
WBG, Darmstadt 2009.
K.-H. Brodbeck, Die Globale Herrschaft der Finanzmärkte cit., p. 219. LaDie Herrschaft des Geldes. Geschichte und Systematik,
Che cos’è il finanzcapitalismo 9
fonte, la redistribuzione dal basso verso l’alto. Contemporaneamente
ha però indotto negli anni ’90 e nei primi anni
2000 un cospicuo incremento dei valori di borsa. Si fosse mai
trattato di un qualsiasi altro elemento, un simile fenomeno
sarebbe stato giudicato un processo fortemente inflattivo.
Componenti strutturali del finanzcapitalismo.
Il braccio operativo del finanzcapitalismo è il sistema finanziario
di cui si è dotato. Lo formano un paio di componenti
strutturali che hanno raggiunto entrambe negli ultimi
anni una eccezionale dimensione e complessità, piú una
terza che si colloca per vari aspetti a cavallo delle altre due.
La prima componente del sistema finanziario opera in larga
misura alla luce. Per definirla si è usato spesso, discutendo
della crisi, il termine «sistema bancocentrico», volendo sottolineare
come le istituzioni in esso predominanti sono soprattutto
grandi banche. In realtà, sebbene sia quasi inevitabile
ricorrervi per brevità, il termine è divenuto da tempo
inadeguato. Anche quando siano ancora chiamate sovente
con il nome che designava la loro attività originaria – per cui
si parla della banca X, della compagnia di assicurazione Y,
della cassa di depositi e prestiti Z e simili – le istituzioni che
caratterizzano il sistema finanziario della nostra epoca sono
grandi società che operano in almeno una dozzina di settori
di attività differenti, ben lontani da quello originario, e in
ciascuno di questi controllano decine se non centinaia di società,
tra le quali possono esservi una o piú banche. Siamo
quindi dinanzi a immense reti societarie nelle quali si intrecciano
inestricabilmente sia le funzioni che i titoli di proprietà.
Per menzionare qualcuna di tali reti a fini indicativi, e
semplificando molto, si può dire che esistono società finanziarie,
dette
un tempo sia banche che compagnie di assicurazione; banche
proprietarie di assicurazioni del comparto immobiliare
bank holding companies, le quali controllano a
10 La politica dell’economia
e compagnie di assicurazione sulla vita che sono proprietarie
di banche; banche commerciali che hanno divisioni operanti
come banche di investimento e viceversa; società che emettono
titoli aventi per collaterale o garanzia un bene reale –
una casa, un’azienda, un pacchetto di titoli – oppure un bene
irreale come un debito; banche o loro divisioni specializzate
nel vendere certificati di protezione dal rischio che un
debitore sia insolvente le quali, al tempo stesso, comprano
certificati analoghi per proteggere se stesse dal rischio di fallimento
del protettore; e, ancora, casse di depositi e prestiti
che provvedono ad assicurare o ri-assicurare ipoteche e imprese
sponsorizzate da un governo unicamente per assicurare
ipoteche che si dedicano a cospicue attività d’investimento
non per conto di clienti, bensí per conto proprio.
La componente «bancocentrica» del sistema finanziario,
per quanto complessa, è composta da entità visibili, nel senso
che hanno nome e indirizzo, società controllate o filiali
ufficialmente elencate, tot dirigenti e tot dipendenti, azionisti
o proprietari privati per lo piú chiaramente individuabili,
nonché bilanci ufficiali in cui sono registrati attivi e passivi.
Per contro esiste una seconda componente del sistema stesso
che risulta priva di tutti o quasi i suddetti caratteri, sicché le
sue attività sono discernibili a fatica anche dagli esperti. Per
questo viene chiamata
termini di attivi, superano di molte volte gli attivi delle società
finanziarie che di essa tengono i fili, sebbene sia arduo
stabilire quale sia alla fine il totale degli attivi (o dei passivi)
che sono in capo a ciascuna di esse. La finanza ombra è formata
da montagne di derivati (titoli il cui valore dipende da
un’entità sottostante: piú avanti se ne parlerà a lungo) che
una banca detiene ma che per varie ragioni non sono registrati
in bilancio; da migliaia di società prive in realtà di sostanza
organizzativa, costituite dalle banche unicamente allo scopo
di veicolare fuori bilancio attivi che dovrebbero figurarvi (per
questo sono chiamate «veicoli»); da altre migliaia di intermediari
specializzati nel confezionare e vendere soprattutto
finanza ombra. Le sue dimensioni, in
Che cos’è il finanzcapitalismo 11
a investitori istituzionali ed enti pubblici dei titoli obbligazionari
complicatissimi, formati da un gran numero di altri
titoli; da centinaia di trilioni (in dollari) di derivati che con
l’intermediazione di una banca o altra istituzione finanziaria
sono scambiati direttamente tra privati, al di fuori di ogni
registrazione in borsa. Grazie a questi caratteri, la finanza
ombra risulta praticamente invisibile anche alle autorità di
vigilanza, quindi di fatto non regolabile.
Una terza componente del sistema finanziario che sta a
cavallo tra il sistema bancocentrico e la finanza ombra è costituita
dagli investitori istituzionali: principalmente fondi
pensione, fondi comuni di investimento, compagnie di assicurazione
e fondi comuni speculativi (come sono denominati
dalla normativa italiana gli
letteralmente «fondi di copertura» o di protezione).
Gli investitori istituzionali sono una delle maggiori potenze
economiche del nostro tempo. Gestiscono un capitale di oltre
60 trilioni di dollari, equivalente al Pil del mondo 2009.
Le loro strategie di investimento influenzano sia le sorti delle
grandi corporation sia quelle dei bilanci statali.
Affermare che gli investitori istituzionali si muovono a
cavallo delle altre due componenti è appropriato per diversi
motivi. In primo luogo esistono fondi pensione e fondi comuni
che sono una emanazione di società finanziarie o grandi
banche, ma vi sono anche in entrambi i settori dei fondi
indipendenti. Tra di essi spiccano i fondi pensione del pubblico
impiego, autentici colossi finanziari che in Giappone,
in Olanda, in California controllano ciascuno patrimoni di
centinaia di miliardi di dollari. Cosí come sono indipendenti
le «famiglie» di fondi comuni, in prevalenza statunitensi,
che figurano insieme con grandi gruppi bancari nella classifica
dei primi dieci o venti investitori del mondo.
In secondo luogo sistema bancocentrico, finanza ombra
e investitori istituzionali sono collegati da scambi quotidiani
di denaro e capitale dell’ordine di centinaia di miliardi di
dollari o di euro. Vari sono i canali di tali scambi. Anzitut
La politica dell’economia
hedge funds, espressione che significa12
to una quota importante del capitale gestito da questi investitori
viene via via depositato in banche, che lo impiegano
immediatamente ai loro fini. Soltanto in Italia, dove i fondi
pensione sono ancora comparativamente modesti, il capitale
da essi depositato per legge nelle banche vale 70 miliardi
di euro. Inoltre ogni giorno gli stessi investitori acquistano
o vendono centinaia di miliardi di azioni od obbligazioni
emesse dal sistema bancario. Sono clienti di peso delle citate
società veicolo, mediante le quali i crediti delle banche
fuoriescono dal bilancio per diventare titoli commerciabili.
Da parte loro, infine, i fondi speculativi fanno largo uso della
leva finanziaria, che vuol dire acquistare pacchetti azionari
e intere imprese per mezzo di denaro preso in prestito dalle
banche in quantità che superano di parecchie volte il capitale
proprio. Gli interessi su simili prestiti formano una quota
rilevante dei ricavi delle banche.
In terzo luogo, nessuna società finanziaria, e nessuna corporation
industriale, può permettersi di ignorare le richieste
degli investitori istituzionali. Questi posseggono oltre la metà
di tutte le società quotate in borsa, per cui hanno un ruolo
determinante nel proporre e imporre politiche sia finanziarie
che industriali, fusioni e acquisizioni di società, nonché l’assunzione
o il licenziamento dei massimi dirigenti.
In forza delle tre componenti suindicate, che formano il
suo braccio operativo e hanno avuto un esorbitante sviluppo
a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, la mega-macchina
del finanzcapitalismo è giunta ad asservire ai propri
scopi di estrazione del valore ogni aspetto come ogni angolo
del mondo contemporaneo. Un simile successo non è dovuto
a un’economia che con le sue innovazioni ha travolto la
politica, bensí a una politica che ha identificato i propri fini
con quelli dell’economia finanziaria, adoperandosi con ogni
mezzo per favorire la sua ascesa. In tal modo la politica ha
abdicato al proprio compito storico di incivilire, governando
l’economia, la convivenza umana. Ma non si è limitata
a questo. Ha contribuito a trasformare il finanzcapitalismo
Che cos’è il finanzcapitalismo 13
nel sistema politico dominante a livello mondiale, capace di
unificare le civiltà preesistenti in una sola civiltà-mondo, e
al tempo stesso di svuotare di sostanza e di senso il processo
democratico.

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