lunedì 16 gennaio 2012

krugman sui debiti pubblici

 Non tutti i debiti pubblici di notte sono neri di Paul Krugman
Il Sole 24 Ore del 14 gennaio 2012
Per molti di quelli che amano ripetere la solfa degli insegnamenti della storia sui pericoli del debito c`è un dato che probabilmente risulterà sorprendente: durante gran parte della sua storia moderna, la Gran Bretagna ha avuto livelli di indebitamento rispetto al prodotto interno lordo estremamente alti.
Ma una domanda si impone: i livelli storici di indebitamento sono rilevanti per la situazione attuale? Lasciamo da parte l`idea che la disciplina dei mercati di capitale è un elemento nuovo, per certi versi. L`elemento che mi sembra importante sottolineare, considerando che il fardello reale del debito è rappresentato dal possibile effetto distorsivo delle imposte che devono essere applicate per pagare gli interessi su questo debito, è che sia la tassazione che la spesa pubblica nel XIX secolo, o anche nel periodo fra le due guerre, erano molto diverse da come sono oggi.
Queste differenze incidono in tutti e due i sensi. Da un lato, lo Stato aveva proporzioni molto inferiori a quelle che ha oggi, e il livello di tassazione per finanziare tutto quello che non erano  interessi sul debito di conseguenza era basso. Gli effetti distorsivi della tassazione, almeno secondo la teoria economica standard, sono non lineari: passare da l4o al 45% di tassazione crea una perdita secca molto maggiore che passare dal 10 al 15%. Questo dato suggerisce che, rimanendo invariati gli altri fattori, lo Stato snello del XIX secolo doveva essere meglio in grado di gestire un forte indebitamento rispetto allo Stato pesante dei giorni nostri.
Il problema è che gli altri fattori non sono invariati. Gli Stati moderni hanno una base impositiva molto più alta degli Stati di una volta: invece di affidarsi ai dazi, o magari alle imposte fondiarie, hanno imposte sul reddito, sui ruoli paga e sul valore aggiunto. Queste tasse consentono ad esempio ai Paesi scandinavi di finanziare con straordinaria facilità sistemi di assistenza pubblica molto generosi. Il miglioramento delle tecniche di riscossione compensa probabilmente il fatto che partiamo da livelli di tassazione più alti e probabilmente ci consente di gestire livelli di indebitamento più alti di quelli che potevano gestire i nostri trisnonni.
Nel caso specifico degli Stati Uniti, il punto ovvio è che partiamo da un livello di tassazione molto più basso di quello di tanti altri Paesi avanzati: non c`è quindi motivo di preoccuparsi se dobbiamo incrementare di qualche punto percentuale il rapporto fra imposizione fiscale e prodotto interno lordo per coprire il debito contratto durante la crisi.
Ma il punto generale è che i livelli storici di indebitamento sono una cosa che va usata con cautela: sono un riferimento molto suggestivo, e io sono il primo che li usa e continuerà ausarli .Ma l`epoca in cui viviamo è diversa, almeno sotto due aspetti.
Vox pubblica mi interessante studio che scompone l`incremento del rapporto debito/Pil nei Paesi europei in difficoltà.
Segnalo in particolare questa osservazione:
«Le proiezioni sembrano indicare che alcuni Paesi europei (la Grecia, il Portogallo, il Regno Unito) avevano squilibri nei conti pubblici (in termini di evoluzione del rapporto debito/Pil) molto prima della crisi finanziaria del 2008-2009, mentre altri, al contrario (la Spagna, l`Irlanda, l`Italia), avevano una situazione solida». Lo dice la recente analisi di Gianluca Cafiso, un ricercatore dell`Università di Catania.
Per capire che cosa significa tutto questo bisogna tenere conto che il Pil complessivo della Grecia e del Portogallo supera di poco i 500 miliardi di dollari (lasciamo da parte la Gran Bretagna, che non è in crisi), mentre il Pil complessivo della Spagna, dell`Irlanda e dell`Italia supera i 3.500 miliardi di dollari. La conclusione è che le economie che in questo momento si trovano in difficoltà prima della crisi seguivano (in larghissima maggioranza, stando al peso economico) politiche di bilancio oculate. Ma nonostante questo l`Europa ha reagito come se tutta la questione fosse un problema di dissipatezza contabile.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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