lunedì 23 gennaio 2012

LAURIA FORCONI 2

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PALERMO - La città, in un giovedì di lavoro, è silenziosa. Le immagini delle code delle auto ai distributori rimasti senza benzina hanno lasciato spazio alla scena insolita di strade libere dal traffico. Nei supermercati cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità, come acqua, farina e latte. Alla fine della quarta giornata di agitazione hanno lasciato il segno gli indignados siciliani,i coloriti protagonisti di un variegato e ambiguo cartello che si è attribuito un nome di sicuro impatto, «Forza d'urto», e sta mettendo in ginocchio l'Isola, bloccando Tir e furgoni nelle vie di accesso a capoluoghi e paesi. Ma sul quale volteggiano pesanti ombre di mafiosità, sollevate da Ivan Lo Bello, il capo degli industriali schierati contro il racket.
L'ultimo incontro con il governatore Lombardo e i prefetti, andato in scena ieri mattina, non ha fermato la protesta ma ha avuto il solo effetto di spaccare il movimento. Da un lato gli autotrasportatori aderenti all'Aias, che intende sospendere l'agitazione stasera, alla scadenza annunciata. Dall'altro una base agguerrita, e soprattutto l'altra anima del fronte rappresentata dagli agricoltori riuniti sotto il simbolo del forcone, vuole andare avanti a oltranza. Chi li ferma adesso questi "rivoluzionari" - così si autodefiniscono - che con i giubbotti blu e la bandiera della Trinacria chiedono la benzina a basso prezzo? Come contenere l'onda di chi viene dall'entroterra e dei mari siculi richiamandosi ai Vespri e urlando la «disperazione» per i costi dei pedaggi autostradali e dei traghetti, per le tariffe dell'energia, per le tasse che mettono fuori mercatoi prodotti isolani? La protesta si estende dal porto di Palermo, invaso mercoledì dai manifestanti, alle aree industriali di Gela e Priolo, doveè stato bloccato l'ingresso dei lavoratori nelle raffinerie. A Ragusa e ancora a Gela, provincia di Caltanissetta, i blocchi impediscono da lunedì la raccolta dei rifiuti. Chiuso per il secondo giorno consecutivo il mercato ortofrutticolo di Vittoria, il più grande d'Italia. A Lentini a Rosolini, nel Siracusano, i nuovi indignados hanno fatto abbassare le saracinesche dei negozi, e non tutti hanno aderito in modo spontaneo: alcuni commercianti, in modo anonimo per timore di rappresaglie, denunciano violenze e minacce. E intanto sui camion fermi, ostaggio della protesta, rimane ogni genere di merce: a Gioia Tauro ha subito lo stop persino un carico di migliaia di chili di paraffina, che dovrebbe servire per confezionare i ceri votivi per la prossima festa di Sant'Agata, a Catania.
Lombardo ha rimpallato la questione al governo nazionale, dicendosi non competente «per gran parte delle richieste avanzate» e sollecitando un incontro al premier Monti. Il presidente della Regione dice di condividere, se non i modi, le ragioni della protesta, ma su «Forza d'urto» - che si muove fuori dal circuito ufficiale di partiti e sindacati - il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello fa calare pesanti ombre: «Ci sono mafiosi fra i manifestanti». E stamattina presenterà «esposti dettagliati» agli uffici giudiziari interessati. Un allarme condiviso da 12 associazioni di categoria e definito «fondato» dal procuratore antimafia Pietro Grasso e dal capo della procura di Palermo Francesco Messineo.
«La situazione siciliana desta molta preoccupazione soprattutto in considerazione di queste denunce», ammette il sottosegretario ai Trasporti Guido Improta.
Ma loro, quelli di «Forza d'urto», non ci stanno: «Facciano i nomi, si assumano le responsabilità di quello che dicono», urla Martino Morsello, ex allevatore d'orate, uno dei leader di un movimento che, con il passare dei giorni, ha messo insieme pure pescatori e studenti medi, l'associazione dei sindaci e i giovani di alcuni centri sociali. Sulla natura di «Forza d'urto» ha finito per rompersi anche il fronte della legalità: Fabio Granata, vicepresidente della commissione Antimafia, ha invitato Lo Bello «a non criminalizzare la protesta». E in realtà, questo movimento è diventato un cavallo di Troia per rivendicazioni meridionaliste (con Grande Sud di Micciché in prima fila), per malesseri diffusi figli della crisi e per l'onda crescente dell'antipolitica. «Lombardo e i governanti non hanno capito o non vogliono capire: la gente è affamata. Dobbiamo andare a protestare a Roma? Non abbiamo i soldi per comprare i biglietti. Ci vadano i deputati regionali con le loro indennità», dice Giuseppe Richichi, altro volto della protesta siciliana. Forza Nuova e la Destra di Storace hanno espresso solidarietà agli indignados e la Digos ora indaga sul ruolo svolto in questi giorni da esponenti estremisti di forze extraparlamentari. A metterci il cappello è arrivato anche Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo calcio che chiama nel suo «Movimento per la gente» gli autotrasportatori siciliani e i "forconi": «Mafiosi non sono i manifestanti, ma questo Stato che sta uccidendo l'Italia che produce».
- EMANUELE LAURIA

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