domenica 11 marzo 2012

17 beppe de santis sulla demolizione della democrazia da Guido Rossi

 





N. 17 Beppe De Santis, Segretario nazionale dei “Meridionalisti Italiani” sugli effetti di demolizione dei valori morali, culturali e democratici della tradizione occidentale indotti dall’attuale dominio della finanza globale speculativa
11 MARZO 2012

Il valoroso giurista economico Guido Rossi lancia un allarme estremo:
LA DEMOLIZIONE DELLA BASI DELLA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE INDOTTA DALL’ATTUALE CAPITALISMO FINANZIARIO ANTIDEMOCRATICO E ANTILIBERALE.

La democrazia del profitto e il valore della Bellezza di Guido Rossi
Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2012-03-11

La più grande ristrutturazione storica del debito statale è avvenuta in Grecia in una situazione ancora non del tutto chiara. Il cosiddetto salvataggio, che non elimina tuttavia le dichiarazioni di default, è stato condotto con lo scopo dichiarato di tutelare, nei limiti del possibile, i creditori ben più che i cittadini greci.
Creditori che, anche attraverso la speculazione ampiamente adottata con le assicurazioni stipulate sul default greco,mediante quei singolari derivati chiamati credit default swaps per il momento, pur nei tagli all’ammontare dei crediti,hanno goduto di una sorta di sgangherata par conditio creditorum.
E questa, ai danni di una cittadinanza, in pericolo di caduta oltre che economica, di democrazia.
Questa operazione, creata dalle derive del capitalismo finanziario globale, è ben diversa dalla impostazione ideologica e culturale adottata dal presidente Roosevelt con il New Deal, che aveva in precedenza indicato come principio fondamentale per risolvere la crisi della grande depressione, progetti che venissero dal basso e non dall’alto. e che prestassero «fiducia una volta di più nell’uomo dimenticato fondo alla piramide economica».
Le politiche di austerity prima, e di vaga quanto incerta crescita poi, costituiscono da  tempo in Occidente uno "stato di eccezione", con grave pericolo della democrazia e dei diritti dell’uomo storico, ripresi nella Dichiarazione del 1948 e frutto della profonda cultura europea.
The forgotten man, cioè l’uomo dimenticato, è sempre più dimenticato in ragione anche di una crescita basata soltanto ed esclusivamente sulle quantità del Pil, il quale può sì avere un suo riflesso nel rapporto tra i Paesi ricchi e i Paesi poveri, ma all’interno del singolo Paese, ricco o povero che sia, il Pil non conta più , se non in rapporto al benessere e al profilo soggettivo della ricchezza individuale,per cui  quella dell’uno non da la stessa felicità che l’identica ricchezza da all’altro.


Globalizzazione, Pil, crescita esclusivamente economica, spinta all'educazione alle sole culture tecnologiche o scientifiche, ma con scarso pensiero critico, sono state recentemente bollate e aspramente criticate da Martha C. Nussbaum, anche nell'articolo apparso sull'ultimo numero della rivista Il Mulino dal titolo "Educare per il profitto o per la libertà?". Conclude significativamente la Nussbaum che "produrre crescita economica non significa produrre democrazia, né garantire una popolazione sana, occupata, istruita".

La creazione di élite competenti in tecnologie e affari ha sottovalutato l'importanza di educare alle scienze umane e alle arti per evitare l'ottusità morale che, eliminando i valori creati dalle scienze umane, ha soppresso uno degli aspetti principali della democrazia, quello della partecipazione critica dei cittadini alle scelte politiche. È così che l'"uomo dimenticato" si allontana sempre più dalla politica costellata di luoghi comuni e di interessi lobbystici, con governanti che impongono modelli e schemi di attività sociali, con presunzione e arroganza ora vergognosamente scandalosa, ora sobria, ma sempre aliena dal considerare al centro della democrazia the forgotten man.

Eppure le disuguaglianze sempre più gravi create dalla cultura dell'economia finanziaria invece che dalla cultura delle scienze umane, delle arti (non del mercato dell'arte) e del pensiero critico, non vengono rimosse secondo una ricetta che già in altri momenti di crisi avevano convinto dei grandi illuministi come Condorcet. Questi era del parere che, per risolvere le ineguaglianze create dalla libertà dei commerci, fosse necessario garantire la parità di istruzione dei cittadini. Egli stesso, poi, fin da allora, sottolineava che è la ricchezza che domina la politica e che dunque la politica in realtà è appannaggio dei ricchi.

L'invito di Martha Nussbaum a investire oltre che nelle competenze tecniche e scientifiche anche, e ora soprattutto, in quelle umanistiche e artistiche, che potrebbero sparire perché non producono profitto, rimane inascoltato.
Ciò comporta il rischio di soffocare, nella mancata coscienza dei diritti umani e di quelli dei cittadini a scegliersi liberamente il loro governo, anche la grande tradizione della democrazia europea e dei diritti umani che fanno parte della sua storia.

Cioè quei diritti sociali dell'uomo storico europeo alla salute, alla dignità del lavoro e all'abitazione, all'uguaglianza dei punti di partenza, insomma a tutto il processo di welfare che finora ha in qualche modo fatto sì che nei Paesi europei la pur dilagante povertà sia meno grave che altrove.
Risultano allora inquietanti le dichiarazioni di chi è ai vertici delle istituzioni europee, che hanno accompagnato la crisi e che pretenderebbero ora di risolverla, che il welfare europeo è finito.

Non è invece tempo di investire nella democrazia, nel pensiero critico e nella cultura della bellezza delle arti, grande patrimonio europeo e in modo particolare italiano? Sarà forse questa una strada per riproporre all'uomo dimenticato che anche la Bellezza, come nei miti dell'antica Grecia, produce ordine e giustizia, cioè elimina le disuguaglianze. La giustizia di Afrodite nella ricostruzione del mito greco fatta da James Hillman può essere un viatico da non trascurare poiché, come egli conclude, "quando Lei trionfa in tutta la sua sublimità, allora la sconfinata confusa chiarezza del cosmo stesso è in perfetto ordine, e anche la giustizia trionfa".

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